Fate, Orsetti, Bambole e Scimmie (Infanzia Sperduta #2)

Da Luca.sempre @lucasempre_

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(questo post è il secondo della serie “Infanzia Sperduta” | Puoi trovare qui il primo articolo)

Iniziamo questo viaggio nel bosco senza luce e senza mamma. E lo facciamo partendo proprio dagli oggetti che hanno condizionato la nostra infanzia.

Ti anticipo subito che questo articolo sarà molto “visuale”. Quindi preparati.

Ci troverai dentro un sacco di cose, tipo: 

  • Fate (ma non ignoranti come quelle di Ozpetek; tutt’altro).
  • Bambole smembrate.
  • Orsetti Zombie.
  • Scimmie in maschera.

Saranno oggetti strani, quelli che vedrai. Alcuni malefici, altri orribili, altri ancora surreali e grotteschi, ma tutti in qualche modo “strappati” alla loro funzione originaria e ri-adattati per assumere nuovi significati e nuove funzioni.

A me piace viaggiare così, in questa infanzia sperduta.

Decontestualizzarla e [ri-crearla] a modo mio.

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# La solitudine degli oggetti persi

Gli oggetti definiscono noi stessi. 

Tutta la nostra esistenza, fino a quando non tiriamo le cuoia, è condizionata dagli oggetti.

Sì. Il discorso vale anche per te, caro sempreLettore. Anche per te che ti professi comunista duro e puro e che ancora ti ostini a far giocare tuo figlio di cinque anni con quegli orribili giocattoli di legno.

Anche tu devi arrenderti all’evidenza che non puoi fare a meno di alcuni oggetti.

    • La falce e il martello, ad esempio.
    • I giornali di partito fatti con la carta e l’inchiostro, ad esempio (hai presente Lotta Comunista o Il Manifesto?).
    • Il basco alla Che Guevara, ad esempio.

Oggetti. Che siano simboli di qualcosa o del nulla più assoluto, gli oggetti condizionano comunque la tua esistenza. 

A maggior ragione hanno condizionato la tua infanzia, quella fase della vita in cui il fascino della scoperta può essere tanto meraviglioso quanto spaventoso.

Quando osserviamo gli oggetti con gli occhi di un bambino non scopriamo nuove forme e colori. Scopriamo nuovi mondi.

Credo che l’abilità di ogni bambino non risieda tanto nel maneggiare oggetti e giocattoli, quanto piuttosto nell’inventarsi nuovi mondi a seconda del tipo di oggetto che sta maneggiando in quel preciso istante.

Gli adulti creano mondi partendo dalla fantasia. I bambini dagli oggetti.

Ogni oggetto maneggiato con cura durante l’infanzia – orsetti, peluche, modellini di plastica, robot in miniatura, trenini, bambole agghindate come puttane infantili e ingenue – per un bambino non rappresenta altro che la porta di accesso a un nuovo universo.

I bambini possiedono la straordinaria capacità di costruire attorno agli oggetti mondi che non esisteranno mai se non nella loro fantasia.

Un oggetto è, per loro, un universo non ancora spiegato agli adulti.

E se lo tengono stretto, questo universo. Stretto e inaccessibile come bolle di sapone lanciate verso il cielo a conquistare lo spazio che sarà.

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# Duchamp spiegato ai bambini

O forse sarebbe meglio dire: Marcel Duchamp spiegato agli adulti. 

Ma chi era Duchamp?

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Marcel Duchamp

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Un artista. Probabilmente uno dei più importanti artisti del Novecento e il maggior esponente della corrente dadaista

Dada. Ma che vuol dire Dada? 

No, ti blocco subito. Non è la moglie del Dado, nè l’amante di Dudù (il meraviglioso cane adottivo di Silvio B).

Dada, in effetti, non significa nulla. La corrente dadaista nacque infatti come “opposizione” al significato stesso della parola [Arte].

Il dadaismo andava a braccetto con parole e concetti quali:

  • Opposizione
  • Protesta
  • Rottura degli schemi preordinati
  • Elogio del non-senso
  • Contraddizione
  • Rifiuto della razionalità e del significato stesso associato alla parola arte

I dadaisti erano fortemente legati agli oggetti, tanto da introdurre il concetto del ready-made.

Pronto-fatto.

Da wikipedia:

Il ready-made è un comune manufatto di uso quotidiano (un attaccapanni, uno scolabottiglie, un orinatoio, ecc.) che assurge ad opera d’arte una volta prelevato dall’artista e posto così com’è in una situazione diversa da quella di utilizzo, che gli sarebbe propria.

Il valore aggiunto dell’artista è l’operazione di scelta, o più propriamente di individuazione casuale dell’oggetto, di acquisizione e di isolamento dell’oggetto. Nulla più.

L’opera più famosa di Duchamp è infatti il famoso orinatoio rovesciato

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L’orinatoio rovesciato – Fontana (1917)

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Mettendo a testa in giù l’orinatoio, quello stesso oggetto perde la sua funzione originaria – ossia il motivo stesso per cui era stato prima immaginato e poi creato – e diventa, inevitabilmente, altro

Ecco perchè quando i nostri occhi si trovano a scandagliare un orinatoio rovesciato lo osservano, inevitabilmente, con maggior attenzione e stupore. Esattamente come fanno i bambini quando si trovano davanti un oggetto nuovo, sconosciuto.

Quando un bambino osserva per la prima volta un orinatoio, la prima cosa che fa è quella di chiedere a suo padre (o sua madre, nel caso in cui Vladimir Luxuria abbia chiesto a suo figlio di accompagnarlo nel bagno pubblico dell’autogrill) la funzione ultima di quell’oggetto così… strano.

Strano perchè nuovo.

Una volta appagata la sua curiosità, quel bambino non si chiederà più a cosa serve un orinatoio. Almeno fino a quando qualcuno – tipo Duchamp – non lo rovescerà, cambiando completamente funzione (e significato) a quello stesso oggetto.

Ecco qual è stato secondo me il più grande merito di Duchamp. Ridare curiosità ai nostri occhi, insegnandoci a guardare gli oggetti (e dunque l’arte, e dunque la vita) con lo stupore tipico dei bambini, e non con la razionalità noiosa e boriosa tipica degli adulti.

Quindi sai che faccio ora? Ti sbatto in faccia una carrellata di Oggetti & Simboli, da sempre legati alla nostra infanzia sperduta, che grazie a [modificazioni corporali] e improbabili [trasformazioni] assumono di punto in bianco un significato nuovo, una funzione diversa rispetto al motivo per cui erano stati concepiti.

E sai cosa ti capiterà? Ti ritroverai anche tu a guardare questi oggetti con gli occhi di un bambino. O di Marcel Duchamp.

Poi alla fine dell’articolo ne riparliamo, ok?

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# Le Fate Crudeli

Le fate non esistono. O forse sì, ma io non le ho mai viste dal vero.

Esistono però fate/oggetto. Quelle che troverai in questa sezione, ad esempio, le ho scoperte su BizzarroBazaar.

La perfida creatrice si chiama Tessa Farmer. E non ama le fate. O meglio, non ama le fate che da sempre ci raccontano i libri.

Le sue creazioni sono minuscole. Puoi vederle infatti solo con la lente d’ingrandimento. Ma non ti lasciano scampo, se le incontri.

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Sto parlando di fate molto particolari, costruite assemblando insieme ali d’insetto, piccole radici e rametti d’albero, materiale biologico.

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Sono crudeli e spietate, queste fate-insetto.

Puoi vederle rientrare a casa con il loro bottino di giornata…

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… oppure ammirarle quando si lanciano all’assalto di una nuova preda.

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Senza lasciarle scampo.

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Ormai lo avrai capito. Impossibile fuggire. Impossibile salvarsi dalle fate crudeli.

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# L’ospedale delle Bambole

C’è un ospedale. A Sidney. E non accoglie fra le sue mura esseri umani.

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Si prende invece cura di giocattoli e orsacchiotti. Bambole, soprattutto.

Fondato da Harold Chapman nel 1913, ha compiuto da poco i cento anni di attività, salvando la vita ad oltre due milioni e mezzo di bambole. Incredibile, no?

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Osservare queste bambole smembrate è poetico e spaventoso allo stesso tempo.

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Non più bambole, ma pezzi di plastica come organi umani in decomposizione

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Giostre improvvisate fatte con quel che resta di una bambola.

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È strano, ma osservare queste bambole smembrate e spezzate è come se conferisse loro una nuova fisicità. Un nuovo corpo e dunque una nuova vita.

Forse prendere coscienza di un corpo – qualsiasi esso sia – porta con sè la necessità di scomporlo per poi ricostruirlo.

Certe volte credo che solo attraverso una vera decomposizione possiamo riappropriarci della nostra vera fisicità.

Così ti faccio una confessione: ho spesso desiderato di essere un robot.

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# Orsetti Zombie

Lui si chiama Philip Blackman, e se gli mandi il tuo orsetto te lo trasforma in zombie.

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Anche in questo caso, come per le fate crudeli, una particolare forma di de-strutturazione e ri-composizione tesa a stravolgere il messaggio rassicurante da sempre associato a questa tipologia di oggetti e alla loro funzione originaria.

L’artista seleziona, trasforma e ri-crea.

Ready-made, appunto.

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# Scimmie di Strada

Succede a Jakarta, capitale dell’Indonesia.

Gli scatti a seguire fanno parte del progetto A kind of you realizzato dal fotografo finlandese Perttu Saksa.

Le scimmie fanno parte della nostra infanzia? Certo. L’immaginario cinematografico legato ai film per bambini “trabocca” di simpatiche scimmiette da sempre amiche dei nostri pargoli.

Ma non a Jakarta, dove l‘infanzia si trasforma in un macabro carnevale gotico ai bordi delle strade. 

In questo angolo di mondo succede infatti che le scimmie si travestono contro la loro volontà. E diventano scimmie di strada.

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Nel tentativo di racimolare qualche spicciolo, queste scimmie ammaestrate vengono costrette dagli abitanti del luogo ad indossare indumenti stracciati e maschere a forma di bambola per attirare l’attenzione dei passanti.

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Inscenano siparietti da teatro dell’assurdo, mentre catene d’acciaio le inchiodano al loro destino di saltimbanchi improvvisati.

Anche se le scimmie sono esseri viventi e non certo [oggetti], in questo caso si trasformano in vere e proprie bambole gotiche alla mercè degli esseri umani.

Scimmioggetto.

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Il lavoro fotografico dell’artista è secondo me davvero straordinario. Scatti surreali che trasudano crudeltà e indifferenza ad ogni nuovo sguardo. 

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Un vero e proprio circo dell’assurdo e del grottesco, non trovi?

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E se le guardi bene, se le guardi nel profondo, queste scimmie|oggetto sembrano farti una domanda. Una sola.

Sei proprio sicuro di non essere come me?

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# Risorse Utili

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# E tu che dici?

Quali oggetti/giocattoli hanno condizionato la tua infanzia sperduta? Che rapporto hai avuto (o hai ancora) con loro? E in cosa ti piacerebbe si trasformassero un giorno? 

Parliamone, se ti va.

E poi… perchè no? Magari scatta pure una foto ai tuoi giocattoli “che furono” e postala sul web. Magari c’inventiamo anche un nuovo hashtag e lo chiamiamo proprio #GiocattoliDimenticati. Magari ne viene fuori qualcosa di bello e malinconico. 

Perciò adesso devo salutarti. Corro a vedere se qualche giocattolo della mia infanzia sperduta è ancora integro. Così lo fotografo e lo posto su Twitter. 

Li troverò. Sono sicuro. Le madri conservano sempre tutto.

Anzi. L’ho già trovato. Tanto per iniziare.

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Tag:Arte, Bambole, Dadaismo, Fate, Fotografia, Giocattoli, Infanzia, Installazioni, Marcel Duchamp, Narrativa, Orsetti, Perttu Saksa, Scimmie, Tessa Farmer