‘Amo colui che sogna l’impossibile.’ Johann Wolfgang Goethe, “Faust”
Titolo:Faust
Regia: Aleksandr Sokurov
Genere:Drammatico
Cast:Johannes Zeiler, Stefan Weber, Anton Adasinsky, Hanna Schygulla, Isolda Dychauk
2011
134 min.
Di Maria Chiara Ronza. Per il cinefilo che crede fermamente nel potere salvifico e rigenerante del Cinema Faust è una manna dal cielo. Un esercizio stilistico ed intellettuale puro ed impressionante su uno dei personaggi-emblema della letteratura moderna. La pellicola fa parte della tetralogia sul potere: Moloch, Il toro e Il sole. Il regista russo porta in scena il mito di Faust, già preso in considerazione dallo scrittore tedesco Goethe nell’omonima opera del milleottocento, rendendolo un capolavoro pittorico-visivo che abbraccia i quesiti propri dell’esistenza come: si devono o meno assecondare i desideri? bisogna essere avidi e corrotti per avere successo? meglio essere buoni? perchè nasciamo? e moriamo? la fede è utile?
La leggenda polare tedesca dello scienziato che fa un patto con il Diavolo (Mefistofele nel folklore tedesco), il quale ha le sembianze di un vecchio malato, e si lascia corrompere per ottenere amore, potere e ricchezza, è affascinante. Faust è sopratutto, quindi, una riflessione sulle varie forme di potere: l’uomo diventa schiavo delle sue stesse brame. Sokurov è così sensibile rispetto a questo tema che riesce a rappresentarlo egregiamente ed è chiara la sua tendenza nel voler continuare a creare opere cinematografiche dallo stampo classico, quindi classicità stilistica e narrativa. La scenografia è uno degli strumenti principali con il quale il regista riesce nel suo intento di voler ambientare la favola in un contesto universale e rarefatto: i bellissimi paesaggi della Repubblica Ceca e dell’Islanda sono da togliere il fiato.
Dato che nel film Arca russa l’autore mostra grande attenzione per il mondo dell’arte pittorica non è inappropriata un’affinità con l’opera magistrale di Rembrandt, pittore olandese del milleseicento, Betsabea con la lettera di David.
Le figure femminili nude ricordano proprio la sventurata protagonista della tela, ma anche le tonalità realizzate con i colori. L’artista cerca di rivolgersi verso temi più spirituali ed interiori quindi si trova in connessione con il fulcro di Faust e dell’ideologia del regista. Essa è assieme alla Danae, presente a San Pietroburgo e quindi sicuramente conosciuta dal regista, l’unico nudo integrale realizzato da Rembrandt.
Notevole il parterre attoriale. Tra cui spiccano: Johannes Zeiler e Stefan Weber nei panni rispettivamente di Faust e il Diavolo. Il film è molto complesso, essendo anche ricco di rimandi letterari e filosofici, e dura più di due ore, ma tutto ciò non deve intimorire. Anzi vedere una pellicola così complessa deve essere uno stimolo e una sfida con se stessi poiché lo sforzo viene ampiamente ripagato. L’ultimo Leone d’oro davvero meritato soprattutto per la commovente purezza e l’armonica bellezza.
Nota cinefila: la pellicola presa in considerazione non è l’unica versione cinematografica della leggenda. Già sono state tratte sei opere mute, tra cui quella splendida di Murnau, e altre tre sonore. Questo a testimonianza del suo fascino che ammalia da secoli.
★★★★★