Un ritorno al passato, quindi, all’origine della malattia e alla sua evoluzione. Una storia che, al contrario di quella principale, non affonda le sua basi in nessun fumetto o romanzo, ma nasce originale dagli sceneggiatori della serie…e la cosa si vede, purtroppo. Facciamo da subito la conoscenza dei nostri protagonisti, una famiglia di Los Angeles: Madison (Kim Dickens) è una consulente scolastica che, dopo la morte del marito, si è fidanzata con Travis (Cliff Curtis), insegnante di inglese divorziato. Madison ha due figli: Alicia (sempre con le cosce di fuori) e Nick (eroinomane). Anche Travis ne ha uno, Chris, che vive con l’ex moglie Liza. Già dalla prima puntata la famiglia ha a che fare con l’inizio dell’epidemia, ritenuta inizialmente una normale malattia, solo alla fine del pilota capiscono che qualcosa non va e che la gente “torna” dalla morte, ma ancora il tutto non è metabolizzato.
La serie scorre lentissima e il climax si raggiunge solo e unicamente nella puntata finale della prima stagione: una buona ora di corse, spari e zombie che escono ovunque. Nelle cinque puntate precedenti, invece, il nulla: poche emozioni, poca azione, molta confusione e in totale circa 5 zombie. Qui sta la mano dello sceneggiatore, che ti trascina svogliatamente verso il finale dove succede di tutto, mentre prima…nada. La sceneggiatura, a mio avviso, poteva essere gestita meglio, considerando che lo spettatore sa benissimo cosa sta guardando, conoscevo l’universo narrativo di questa serie da cinque anni e sappiamo tutti dove stiamo andando a parere. Creare futile suspence e tensione è un espediente senza senso. Ci invoglia solo a dire: “Ah, ne hanno di strada da fare per diventare esperti come Rick”. Non tutto è da buttare, però, e il resto della storia potrebbe regalare qualche emozione.
Fan fact: da notare come, nel quinto episodio, Salazar si avvicini alle porte dello stadio pieno di zombie e queste inizino a sbattere, spinte violentemente dai morti viventi. Una scena simile, la ritroviamo nel primissimo episodio di TWD di fronte alla porta sbarrata della mensa con su scritto “Don’t Open Dead Inside”.