Febbre a 90 è ben condensato nel monologo di Paul Ashworth (Colin Firth), insegnante e allenatore della squadra di calcio di una scuola superiore di Londra. E' una commedia che probabilmente può godersi in pieno solo chi è tifoso e nutre un amore viscerale per il calcio e per la propria squadra. A molti altri alcuni ragionamenti e alcuni comportamenti del protagonista non potranno che sembrare delle cose da pazzi o da irriducibili fissati senza speranza. Però, se siete o siete stati tifosi, non è possibile non immedesimarsi in alcune situazioni o in alcuni stralci della filosofia di Paul. E' qualcosa che riguarda la passione incondizionata, valida per il calcio come per qualunque altra cosa, in fondo...
"Perchè un adulto non dovrebbe andare pazzo per qualcosa? No! Devi metterti un secchio in testa e se non lo fai, allora la gente si sente in diritto di dirti quello che vuole; che sei un immaturo, un idiota che la tua conversazione è banale e noiosa, che non riesci ad esprimere i tuoi bisogni emotivi, a relazionarti con i tuoi figli e alla fine morirai triste e solo. Ma in fondo, che diavolo! Anche una nuvola di pioggia ha i suoi contorni d'argento. Non è facile diventare un tifoso di calcio, ci vogliono anni ma, se ti applichi ore ed ore entri a far parte di una nuova famiglia, solo che in questa famiglia tutti si preoccupano delle stesse persone e sperano le stesse cose...cosa c'è d'infantile in questo?"
Come non condividere alcuni dei concetti espressi dal buon Paul... beh, forse per noi uomini (e io attualmente non mi considero più un gran tifoso di calcio) è più facile empatizzare con il protagonista, per molte consorti, non tutte ovviamente, la cosa potrebbe invece creare qualche problema :)
Comunque il fulcro della commedia è questo, il rapporto di amore per la propria squadra che spesso si sovrappone a ogni altra cosa, la parte della commedia romantica che pur rappresenta un aspetto importante del film non può che passare in secondo piano pur risultando l'essenziale contraltare alla tirata sul calcio e sull'Arsenal.
In un arco di tempo che va dalla fine degli anni '60, quando Paul era solo un bambino, fino alla fine degli anni '80, assistiamo alla nascita e alla maturazione dell'amore del protagonista per l'Arsenal, dal colpo di fulmine della prima partita vista con il padre (Neil Pearson) fino alle reiterate sofferenze per la mancanza di vittorie degli anni successivi. Fino al 1989, anno in cui Paul conosce Sarah (Ruth Gemmell), insegnante nella stessa scuola dove insegna anche lui, precisa e metodica e assolutamente distante da tutto quel che riguarda il calcio. Il loro rapporto crescerà e si interromperà tra incomprensioni e condivisioni passando per la tragedia di Hillsborough fino a quell'ultima giornata di campionato del 1989.
Incuriosisce anche l'ambientazione che attraversa due buoni decenni offrendo allo spettatore anche un bel ritratto di Highbury, quartiere di Londra dove si trova lo stadio dell'Arsenal. Forse il libro di Nick Hornby dal quale il film è tratto riusciva a sviscerare al meglio la passione dell'autore per la squadra ma anche la versione cinematografica riesce a centrare l'obiettivo e ad andare agilmente in rete.