Come esseri contemporanei sembra che siamo destinati a vivere dedicandoci ad attività che sono legate al “contare” ed al “misurare”. Qualsiasi sia il nostro posto nel mondo, il nostro ruolo nella società, ci troveremo, prima o poi a contare ed a misurare, per poi esporre i risultati a noi stessi o ad altri. A ben guardare il nostro modo di ottenere conferme e sicurezze sul nostro esistere è proprio questo questo: contare e misurare. Quanti soldi ho? Quanti errori ho fatto? Da quanto tempo stai insieme a me? Quanti amici ho? Quanto peso? Da quanto tempo ci conosciamo? Quanti anni ho vissuto? Quanti me ne restano? Queste attività meccaniche della nostra mente contemporanea, che in apparenza sembrano strumenti di controllo della nostra evidente ansia di stare nel mondo, in realtà sono solo semi di patologia. D’accordo, domande sul tempo e sullo spazio appartengono “ab initio” all’uomo, ma l’estensione indiscriminata delle capacità meccaniche e numeriche della mente ad ogni area dell’esistenza, inclusa la sfera emotiva e relazionale, sono storia più recente. Sono l’agente patogeno, non la cura. Tanto più che, anche i bambini lo sanno, ogni ansia, ogni momento di penosa attesa del peggio è semplicemente superabile con un atto di fede che è esattamente il contrario di un atto logico-matematico. Il problema, nel campo dell’ansia esistenziale, sembra essere sempre stato quello di usare la logica nell’affettività e la fede nella Scienza. A mio parere è molto tipico di questa era il traslare pericolosamente le due potenzialità umane più affascinanti, logica e fede, in campi impropri che equivale poi a sprecarle, rovinandone la loro essenza illuminante per le nostre esistenze. Il desiderio e la meraviglia per il mondo non dimorano nella nostra logica e diventano una dannazione quando iniziamo a misurarle. Non avete mai sperimentato attimi atemporali della vostra vita così densi di significato e di passione tali da polverizzare anni di penosi tentativi di esistere in qualche maniera? Nel caso, vi è mai venuta voglia di contarli o di misurarli? Non credo. Non sarà che il nostro stare nel mondo diventa fonte d’ansia quando usiamo troppa mente nel contemplarlo e troppo poca nel costruirlo?