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Federsupporter analizza la sentenza della Corte di Giustizia Federale sul Napoli

Creato il 25 febbraio 2013 da Tifoso Bilanciato @TifBilanciato

Riportiamo, con il permesso di Federsupporter, l'analisi pubblicata lo scorso 12 febbraio. Ricordiamo che a far data dal mese di febbraio le analisi di Federsupporter sono accessibili solo ai Soci. 

Federsupporter ci consente la pubblicazione delle loro note, cosa che faremo con un congruo ritardo rispetto all'uscita delle stesse sul loro sito. Lo riteniamo una forma di rispetto per un'Associazione che, sin dalla sua fondazione, ha dimostrato di impegnarsi seriamente a tutela degli interessi dei tifosi.

Ricordiamo, su tutte, la battaglia relativa alla Tessera del Tifoso, condotta insieme al Codacons, che ha portato ad importanti pronunciamenti da parte del Garante della Privacy e del Consiglio di Stato

Anche per questo motivo vi invitiamo a valutare l'opportunità di aderire per l'anno 2013, seguendo le procedure descritte a questo link

                                                                                 

 

 

 

 

Pubblicati i motivi della decisione della Corte di Giustizia Federale relativamente ai casi Gianello, Cannavaro, Grava e alla SSC Napoli spa. Analisi e commento.

( Avv. Massimo Rossetti, Responsabile dell’AreaGiuridico-Legale)

 

 

1)   Analisi dei contenuti della decisione.

Con Comunicato Ufficiale n. 171 è stato pubblicato il 6 febbraio scorso il testo della decisione in oggetto.

Esso si compone di 12 pagine, di cui 5 dedicate alla enunciazione e spiegazione dei motivi della decisione stessa.

Tali motivi possono essere riepilogati come segue.

a) Messe a confronto le relazioni di servizio dell’Ispettore di Pubblica Sicurezza Gaetano Vittoria, le deposizioni del calciatore Matteo Gianello davanti all’Autorità Giudiziaria e  alla Procura Federale, risulta “una serie fitta e numerosa di incongruenze, contraddizioni, omissioni, incompletezze, esitazioni” .

b) Le dichiarazioni del Gianello, giudicate di “complessiva inidoneità allo scopo probatorio”, trovano una ragionevole spiegazione nell’interesse del medesimo di precostituzione di elementi giovevoli alla propria difesa in sede penale e, di riflesso, in sede disciplinare (coinvolgimento in un illecito sportivo piuttosto che in reati legati al mondo delle scommesse).

c) Discrepanze e incoerenze nel racconto del Gianello quali: il coinvolgimento del calciatore Quagliarella, poi ritrattato; il risultato alterativo della gara non attribuibile all’interesse della Sampdoria alla qualificazione in Champions League, bensì ai fini di effettuazione di scommesse; il numero dapprima indeterminato (4-5) dei giocatori del Napoli coinvolti nella combine, poi ridottosi a tre (Cannavaro, Grava, Quagliarella) e, poi, ancora, a due (Cannavaro e Grava); indeterminatezza del luogo (spogliatoi, campi di allenamento) dove si sarebbero svolti i contatti alterativi; coinvolgimento dell’allenatore Mazzarri, asseritamente ostile alla combine, sul falso presupposto che egli avrebbe avuto motivi di risentimento nei confronti della Sampdoria per essere stato da questa esonerato, essendo, viceversa, risultato che tale esonero non è mai avvenuto; mancata indicazione del profitto dell’illecito.

 

Da quella che la Corte definisce “ vertigine dichiarativa riferibile all’elemento centrale dell’accusa”, essa fa derivare l’assoluta mancanza di elementi probatori dell’illecito, “l’esclusione della prova persuasiva e resistente al dubbio della plausibilità di una ricostruzione alternativa dei fatti (della quale prima si è data contezza) del compimento, da parte dell’appellante, di atti concretamente  alterativi o, comunque, capaci di indurre o determinare altri all’accettazione di una proposta corruttiva”.

E, così prosegue la Corte, “mancando l’illecito- anche nella forma del tentativo punibile- corrispondentemente manca l’oggetto della sua, altrimenti dovuta, denuncia”.

Poiché, però, sussiste “una rete fitta e costate di impropri contatti che l’appellante teneva in vista della gara in questione, in particolare con Giusti (Ndr Silvio Giusti, tesserato nell’albo dei tecnici)”, il Gianello viene ritenuto responsabile di violazione dell’art 1 del Codice di Giustizia Sportiva (CGS); vale a dire dell’obbligo di lealtà, correttezza e probità, nonchè delle norme sportive che vietano le scommesse da parte di tesserati.

Per questa ragione, i calciatori Cannavaro e Grava non sono giudicati responsabili di omessa denuncia di illecito e la SSC  Napoli spa è giudicata oggettivamente responsabile, non di illecito, bensì delle suindicate violazioni commesse dal Gianello.

Pertanto, la Corte commina a quest’ultimo la pena della squalifica di 21 mesi ed al Napoli la pena dell’ammenda di € 50.000.

In primo grado, la Commissione Disciplinare Nazionale (CDN) aveva inflitto al Gianello una squalifica di tre anni e tre mesi, a Cannavaro e Grava una squalifica di sei mesi ed al Napoli una penalizzazione di due punti da scontarsi nella corrente stagione sportiva (2012/2013), nonché l’ammenda di € 70.000.

 

2)   Commento.

La valutazione dei fatti operata in secondo grado dalla CGF diverge completamente da quella operata in primo grado dalla CDN.

Quest’ultima aveva dato credibilità alle ammissioni del Gianello, assumendo come elementi fondanti di  tale credibilità le dichiarazioni rese all’Ispettore Vittoria, le sue ammissioni, la sua appartenenza alla rosa di 1^ squadra del Napoli, i rapporti amichevoli con Cannavaro e Grava, le intercettazioni telefoniche dimostrative del costante rapporto con Giusti per ragione di partecipazione a scommesse, l’interesse della Sampdoria a vincere la partita in vista della qualificazione alla Champions League, i negativi precedenti dell’incolpato desunti dalla sua dichiarata disponibilità economica risultante da cospicui acquisti immobiliari, la mancanza di qualsiasi interesse a mettere in cattiva luce compagni di squadra cui era legato da rapporti di amicizia, l’insussistenza della tesi secondo cui le sue dichiarazioni sarebbero state rese per utilità difensiva.

 

Nel caso in esame è avvenuto, in sostanza, quanto da me messo in luce al punto n. 3, pag. 3, della mia Guida Informativa sul Calcioscommesse del 18 gennaio scorso (ved. www.federsupporter.it).

 

Vale a dire che uno stesso fatto, a seconda della lettura che ne possono dare e della valutazione che possono fare gli Organi della Giustizia Sportiva degli elementi probatori e degli indizi raccolti, può essere qualificato sia come illecito sia come comportamento antisportivo, con conseguente, ampia discrezionalità concessa agli stessi Organi e con conseguenti, possibili difformità di giudizio e incertezza del diritto.

 

Al richiamato punto n. 3 rilevavo che, secondo la giurisprudenza sportiva, citando precedenti decisioni della CGF, la colpevolezza di un illecito può essere accertata e dichiarata anche alla luce di indizi, purchè non generici, non suscettibili di diverse interpretazioni e non contrastanti fra loro;  tali, cioè, da rendere più che probabile che l’illecito sia stato commesso, pur potendo residuare qualche ragionevole dubbio,

 

Al riguardo, riportavo alcune, precedenti considerazioni della CGF, quali : “la prova di un fatto, specialmente in riferimento ad un illecito sportivo, può anche essere e, talvolta, non può che essere logica piuttosto che fattuale” e , ancora, “come ogni altra azione umana contemplata da un precetto per avere valenza sul piano regolamentare ed essere produttiva di effetti disciplinari, deve avere superato sia la fase della ideazione che quella così detta preparatoria ed essersi tradotta in qualcosa di apprezzabile, concreto ed efficiente per il conseguimento del fine auspicato” .

 

A mio avviso, nel caso in esame, la CGF sembra aver voluto esclusivamente valorizzare il secondo principio (non superamento della fase di ideazione e preparatoria) a scapito del primo principio (prova logica piuttosto che fattuale).

 

D’altronde, tenuto a mente che, a differenza che nel processo penale, nel processo sportivo la colpevolezza, per essere accertata e dichiarata, non necessita che essa sia provata oltre ogni ragionevole dubbio, essendo sufficiente la più che probabilità che l’illecito sia stato commesso, pur potendo residuare qualche ragionevole dubbio, è necessario avere presente che il reato di frode sportiva e l’illecito sportivo sono, rispettivamente, un reato ed un illecito a consumazione anticipata.

Cioè a dire che, per la commissione di entrambi, è sufficiente una semplice condotta e non la realizzazione dell’evento.

 

In altre parole, non è richiesto né che l’offerta o la proposta corruttiva vengano attuate, né che il risultato della gara sia in alcun modo alterato: quello che rileva ed è sufficiente è che vi  sia stata la messa in pericolo della lesione del bene giuridico, nella fattispecie, della correttezza e regolarità della competizione.

 

A questo proposito, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 12562, Sez. III, del 25 febbraio 2010, ha sancito che il reato di frode sportiva, essendo un reato di pericolo, esclude anche la configurabilità del tentativo, consistendo la sua commissione in un mera condotta che si pone al di sotto della soglia di un tentativo.

 

Ne deriva che, al fine di accertare l’eventuale colpevolezza del Gianello, la CGF non avrebbe dovuto valutare se vi fosse stato un tentativo di illecito, cosa che, invece, a me sembra abbia sostanzialmente fatto, bensì limitarsi a valutare la condotta complessiva tenuta dall’incolpato e l’idoneità di quest’ultima a mettere in pericolo la correttezza e regolarità della gara.

 

Ed è mia opinione che, indipendentemente da altri elementi indiziari pur non irrilevanti, tale idoneità vi fosse, essendo sufficiente, a questo scopo: l’accertata appartenenza del Gianello al mondo delle scommesse; gli accertati fitti e costanti contatti telefonici con il Giusti, in vista della gara Sampdoria-Napoli; gli accertati vantaggi economici che il Gianello ritraeva dalle scommesse effettuate e che si riprometteva di trarre da quelle da effettuare, vantaggi che, verosimilmente e ragionevolmente, non potevano prescindere dalla messa in atto di manovre idonee ad alterare le partite su cui egli scommetteva o si riprometteva di scommettere.

 

Appare, in particolare, non persuasiva sul piano logico la tesi della CGF, secondo la quale il Gianello si sarebbe autoaccusato di fatti integranti l’illecito ed il reato di frode sportiva per precostituirsi elementi giovevoli alla propria difesa in sede penale e, di riflesso, in sede disciplinare.

Non si comprende, infatti, quale giovamento egli avrebbe potuto trarre dalla confessione di tali fatti, integranti il reato di frode sportiva, senza che, d’altro canto, ciò escludesse altre, più gravi ipotesi di reato e quale giovamento egli ne avrebbe potuto trarre, di riflesso, sul piano sportivo.

 

Sotto quest’ultimo profilo, visto che in primo grado la CDN ha negato al Gianello la concessione della riduzione delle sanzioni, di cui all’art. 24 del CGS, non avendo ritenuto le sue ammissioni di responsabilità, in considerazione delle sue reticenze e parziali ritrattazioni, accompagnate da una collaborazione fattiva per la scoperta e l’accertamento di violazioni regolamentari.

 

Aggiungasi, quanto alle reticenze, parziali ritrattazioni, contraddizioni e inesattezze, in cui è incorso l’incolpato nelle sue dichiarazioni, che si sarebbe dovuto tenere adeguatamente conto del fatto che tali dichiarazioni erano state rese in momenti e in contesti diversi tra loro.

A mio parere, quindi, una più appropriata e convincente valutazione dei fatti è quella effettuata in primo grado dalla CDN.

 

Neppure può sottacersi come la CGF, nel caso in esame, si sia alquanto discostata nel suo metro di ponderazione dei fatti da quello usato in casi analoghi, anche recenti.

 

Colgo, infine, l’occasione per soffermarmi su un interessante articolo pubblicato l’8 febbraio scorso su “ La Gazzetta dello Sport” a firma Maurizio Galdi.

 

L’articolo, icasticamente intitolato “Lo scontifico aperto del TNAS e i diritti di chi ha patteggiato” , è critico nei confronti della decisione qui commentata e, come pure da me rilevato al punto n. 6, pag. 6, della mia Guida Informativa sul Calcioscommese, sottolinea come, da un lato, il terzo grado di giudizio dinanzi al TNAS sia, in pratica, diventato, solo o prevalentemente, una sede per la riduzione (scontificio) delle pene inflitte in primo e secondo grado e, dall’altro, come l’istituto del patteggiamento nei casi di illecito si stia rivelando negativo e fonte di iniquità; laddove, come proposto da Federsupporter, sarebbe preferibile che esso fosse sostituito dal ricorso al rito abbreviato, così come avviene nel processo penale.

L’abolizione del terzo grado di giudizio e la sostituzione del patteggiamento con il giudizio abbreviato sarebbero più che compensati, sempre come proposto da Federsupporter, dal riconoscimento di maggiori garanzie alla difesa in primo e secondo grado di giudizio.

 

 

                                                                          

 

 

 


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