Sunny di KANG HYUNG-CHU
Sseo-ni, Corea del Sud, 2011, 124 min.
voto: ★★/4
Kang, già ad Udine due anni fa con il divertente Scandal Makers, sa evidentemente come intrattenere il suo pubblico. Sunny, dalla famosa canzone dei Boney M., è il nome di una banda di sette giovani ragazze che vivono la loro adolescenza tra amori, delusioni, risse e quant’altro. 25 anni dopo la loro leader è in fin di vita e una di loro decide di riunire tutte le altre per starle vicino. Melodrammone sempre in bilico tra farsa e tragedia, ricorda per alcuni versi lo stile eccessivo di Nakashima; sempre col piede pigiato sul massimo coinvolgimento possibile dello spettatore regalando sorrisi e lacrime senza soluzione di continuità (ma senza arrivare mai al cuore delle cose). La storia, che alterna passato e presente, funziona soprattutto quando descrive l’amicizia delle ragazze, mentre scade nel didascalismo quando deve raccontare le vite delle donne anni dopo, fino all’agghiacciante finale. Film confezionato perfettamente per “adescare” il grande pubblico, gode anche di una ruffiana colonna sonora composta quasi esclusivamente di successi occidentali degli anni ottanta.
The Man Behind the Courtyard House di FEI XING
Shou Wang Zhe, Cina, 2011, 103 min.
voto: ★/4
Presentato come thriller-horror, The Man Behind the Courtyard House mantiene queste premesse solo nella prima mezz’ora (la parte peggiore del film), con zoom improvvisi e occhiatacce assassine di un Simon Yam qui inespressivo, contornati da effetti sonori vecchi di vent’anni. Nella sua inefficacia il film ha un suo fascino, la sensazione, che raramente ho provato, è quella di un regista che non abbia mai visto un film in vita sua: tra sceneggiatura inesistente, messa in scena elementare e colonna sonora usata senza apparente senso logico, Fei Xing riempie il film di personaggi e situazioni che cozzano clamorosamente tra di loro, sparendo poi nel nulla. La narrazione, che ripercorre a ritroso in tre macro-segmenti l’uscita di un uomo di prigione e la sua conseguente vendetta verso la famiglia della sua ex che gli ha rovinato la vita, è spiazzante in senso negativo e sembra funzionale solo a trasmettere l’imbarazzante “messaggio” di un film tutto sbagliato
Wi-heom-han heung-bun, Corea del Sud, 2011, 101 min.
voto: ★★/4
Dae-hee (un bravissimo Yun Je-mun) vive con grande soddisfazione la sua vita da civil worker: lavoro fisso, buono stipendio e tanto tempo libero impiegato per vedere la tv e riempirsi di nozioni praticamente inutili ma che, come fa giustamente notare, in una società dove difficilmente si parla in profondità di qualcosa, bastano per meravigliare le persone. La sua strategia è quella di non farsi mai coinvolgere emotivamente, soprattutto sul lavoro, così da poter continuare a vivere la sua rassicurante routine. Quando per varie vicissitudini una giovane band si trasferisce nel suo seminterrato per provare, l’equilibrio inizia però a rompersi. Come testimoniano anche le scorse edizioni del Far East, i coreani sono i maestri indiscussi della commedia, riuscendo spesso nel difficile compito di risultare divertenti con intelligenza: Dangerously Excited ne è l’ennesimo esempio. Certo, nulla di nuovo sotto il sole, nè nella descrizione delle dinamiche che agitano i giovani delle band, nè nella trasformazione del diligente impiegato in rocker, oltre a soffrire a volte di momenti di stanca in una sceneggiatura non proprio perfetta, ma sono difetti che si possono perdonare ad un regista esordiente come Koo.
Hong Kong, 2012, 107 min.
voto: ★★/4
Se i coreani hanno le commedie, ad Hong Kong sono insuperabili per quanto riguarda thriller e polizieschi. Un uomo, appena uscito di prigione, viene accusato dell’omicidio del padre della ragazza che si suppone avesse stuprato e ucciso venti anni prima: chiaramente nulla è come appare e tutti i personaggi hanno qualcosa da nascondere. Anche per Nightfall vale il discorso fatto sopra: è infatti un thriller coinvolgente perfettamente nella media. Ottima messa in scena – ma pessimi effetti speciali – , sceneggiatura intrigante ma un pò telefonata, personaggi carimastici e non troppo banali: Simon Yam si riscatta della pessima figura fatta nel film descritto poco sopra, mentre Nick Cheung è in una delle sue migliori interpretazioni, imbruttito e muto, regala ambiguità ad ogni sguardo ed è bravo a far percepire la tragedia insita nel suo destino. La scena iniziale, piuttosto slegata da tutto il resto, è una delle cose più violente viste nel 2012 e sarebbe stata benissimo in un action thailandese.