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Feminist blog camp 2: Femminicidio, l’importanza delle parole.

Da Femminileplurale

Feminist blog camp 2: Femminicidio, l’importanza delle parole.Un buon esempio di cosa significhi agire concretamente nel reale, lottare per cambiare le abitudini mentali e culturali, ci viene dato dal lavoro di Barbara Spinelli e Luisa Betti.
Insieme hanno tenuto un workshop molto interessante sul femminicidio, o meglio, sul modo in cui esso viene raccontato dai media. In questo caso l’informazione è ancora più pericolosa della pubblicità, perché a differenza di quest’ultima verso cui abbiano un atteggiamento minimamente diffidente perché siamo consapevoli dell’intento commerciale (“pubblicità bugiarda”), l’informazione invece si ammanta di neutralità e istituzionalità (“l’hanno detto al tg”). Perciò l’informazione è in grado di penetrare ancora più a fondo nel nostro modo di leggere la realtà.

Quando una donna viene uccisa dal compagno, marito, padre, siamo di fronte ad un femminicidio. Può sembrare una parola forte. Lo è: usare il termine femminicidio vuol dire chiamare un fenomeno preciso con il suo nome e non mistificarli. Anche se la questione che si pone qui non è tanto quella di usare o non usare una parola ma di combattere o appoggiare una intera cultura che accetta la violenza sulle donne. Usare le parole giuste per definire questo fenomeno porta avanti una battaglia importantissima, che si gioca tutta sul piano simbolico.

Molto spesso la violenza sulle donne, la loro uccisione, viene descritta come l’atto di un folle. Ma in realtà solo il 5% dei femminicidi viene perpetrato da persone con disturbi psicologici. Il restante 95% è costituito da uomini perfettamente sani, uomini ‘normali’, inseriti in famiglie ‘normali’. Il tentativo che si gioca definendoli come folli, in preda a raptus momentanei, è quello di porli al di fuori della normalità. Non è socialmente accettato il fenomeno reale che questo accada in famiglie ‘normali’ a causa di rapporti di genere ‘normali’. Barbara Spinelli osserva una cosa a nostro parere verissima e molto anti-rosa: parlare male della famiglia, mostrare come la violenza rientri nella sua ‘normalità’, sarebbe destabilizzante per l’ordine sociale costituito.

Qui il  rapporto mondiale sui femminicidi.

Qui e qui due post con cui in passato avevamo parlato del femminicidio.


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