di Pierluigi Montalbano
Marinai, esploratori e commercianti, i Fenici furono un gruppo di antiche popolazioni, prevalentemente semitiche, stanziate nelle regioni costiere del Mediterraneo orientale, l’attuale Libano. Grandi marinai, protagonisti di spedizioni marittime e commerciali in tutto il bacino del Mediterraneo e sulle rotte oceaniche, i Fenici si integrarono con le popolazioni locali fondando empori sulle coste settentrionali dell'Africa, in Spagna, in Sicilia e in Sardegna. Crearono una koinè culturale condivisa e furono fra i primi a elaborare un sistema di scrittura alfabetica diffondendolo in Grecia e in Italia.
Nella prima metà del II millennio a.C., gli archivi diplomatici della città mesopotamica di Mari forniscono i primi documenti che riguardano le popolazioni che confluiranno nella civiltà fenicia: si tratta di lettere scambiate tra sovrani locali (ad esempio il re di Gubla, cioè Biblo) e quelli di Mari. La regione appare dunque divisa fin dalle origini in singole città-Stato, la cui principale attività è il commercio marittimo. Intorno alla metà del millennio, gli archivi di Ugarit forniscono una serie di indizi sulla politica di questa città e degli Stati vicini, soprattutto gli ittiti.
Poco dopo, l’archivio di Tell al-Amarna illumina la storia: tra gli Stati fenici figurano Acco, Tiro, Sidone, Berito, Biblo, i cui sovrani appaiono nell’orbita egiziana. Il nome di Sidoni, che l’Antico Testamento e i poemi omerici danno ai fenici, suggerisce che in una fase iniziale Sidone abbia prevalso sulle altre città. Intorno al 1000, il predominio passa a Tiro, l’importante città portuale che originò l’impero cartaginese. I fenici occupavano le coste asiatiche a nord dell'attuale Stato di Israele. La geografia della regione condizionò la politica commerciale: la costa libanese è una striscia di terra fertile costiera occupata da alte montagne che la delimitano, le catene del Libano e dell'Antilibano. Queste montagne svolsero una duplice funzione: quella di riparo dalle grandi potenze che si fronteggiavano oltre le montagne, in Siria e in Mesopotamia, e quella di fornire la preziosa materia prima per costruire grandi navi: il cedro del Libano, un albero gigantesco, della famiglia delle Conifere, oggi lì quasi scomparso, ma che per millenni fu il migliore legno per costruire imbarcazioni e tetti di case e templi, ad esempio quello famoso di Salomone, per il quale fornirono anche la manodopera dei maestri d’ascia. La fama dei cedri durò fino all'età romana, quando l'imperatore Adriano creò un parco naturale per la protezione di queste piante preziose. Per ciò che riguarda la scrittura, prescindendo dai testi di Ugarit, che hanno caratteri a sé stanti, il fenicio è un dialetto del gruppo cananaico, strettamente affine all’ebraico, composto da un numero limitato di segni, ognuno dei quali serviva a designare un suono. A differenza che in Egitto, una parola era composta da più segni, proprio come nelle lingue moderne . Le iscrizioni più antiche sono databili al 1100 a.C. circa, e nella fase recente, il punico, le attestazioni si trovano sparse su tutta la loro area d’influenza commerciale: dall’Africa a Malta, alla Sicilia e alla Sardegna. L’ultima fase del fenicio è il neopunico, cioè la lingua delle iscrizioni africane successive alla caduta di Cartagine utilizzata fin verso la fine dell’Impero romano, mentre nella costa libanese subentrano il greco e l’aramaico. Sono personalmente convinto che l’alfabeto greco derivi proprio dal fenicio.
I Fenici non si considerarono mai un popolo unico, e non lo erano. A parte la denominazione loro attribuita dai Greci, le fonti più antiche, e in primo luogo la Bibbia, li indicano con la denominazione di Cananei, nome generico attribuito a gruppi seminomadi stanziati nel Vicino Oriente. Nei loro documenti scritti non compare mai un nome preciso, ma solo riferimenti alle loro città di provenienza, rette da re.
Anche quando tutta la regione venne sottomessa dai potenti re assiri, nel IX a.C., le città fenicie non cessarono di avere una politica commerciale e sociale praticamente autonome, limitandosi a pagare tributi ai lontani re mesopotamici. Lo stesso arrivo dei Persiani di Ciro il Grande, alla fine del VI a.C., non cambiò molto della vita di quel popolo, che anzi assunse nell’immenso Impero persiano un ruolo importante, dal momento che le loro navi costituirono il nucleo principale della flotta da guerra persiana. Le cose cambiarono con Alessandro Magno, che con il lungo e sanguinoso assedio di Tiro del 332 a.C. pose fine alla storia fenicia.
Nelle immagini:
sopra gioielli fenici in oro (Tesoro del Carambolo)
sotto la ricostruzione di una nave fenicia, a vela quadra ovviamente. (Philip Beale)