Pare che in vita Gustav Mahler non godesse di particolare successo come compositore: a Vienna, dove visse e lavorò per un lungo periodo di tempo, veniva considerato principalmente per le sue qualità di direttore d’orchestra e alle sue composizioni, strambe per il periodo, si preferivano quelle di Richard Strauss, maggiormente in linea con il clima tardo-romantico. La capacità di creare una musica innovativa, che andava oltre le rigide strutture dell’epoca e che mescolava alla tradizione classica elementi presi dalla cultura popolare, gli farà meritare l’appellativo di “contemporaneo del futuro”; l’importanza del compositore infatti sarà compresa solo a partire dagli anni Sessanta, con la diffusione delle tecniche di incisione stereofonica a rendere giustizia alle sue invenzioni e all’attenzione maniacale che egli riservava all’acustica.
Christian Fennesz dà con questi quattro lunghi cosiddetti remix il suo contributo alla ri-considerazione dell’opera di Mahler, certificandone in qualche modo la modernità: prende le sue sinfonie, le disseziona e crea, mescolandovi chitarre trattate, glitch e disturbi vari, qualcosa di irriconoscibile rispetto al materiale di partenza, di completamente nuovo rispetto all’originale, stravolgendo atmosfere e intenzioni del compositore boemo. Il disco è la registrazione dal vivo di una performance (a cui erano abbinate le immagini dell’artista visuale Lillevan) effettuata presso la Radiokulturhaus di Vienna nel 2011 e pubblicata solo adesso su vinile dalla Touch. È un Fennesz piuttosto lontano da Endless Summer e Venice, per citare i suoi due lavori più riusciti, come pure dal precedente Bécs: questo Mahler Remix è il suo disco più vaporoso di sempre. L’inizio è morbido e avvolgente, quasi a creare quella sensazione di tepore che la lana in copertina lascia presagire; presto farà il suo ingresso il glitch, in maniera decisa ma non invadente, assieme alla chitarra, sapientemente dosata per tutta la durata di questo doppio lp. Mahler aleggia spesso in maniera impalpabile ma suggestiva, a volte in modo più evidente come nel terzo remix, dove si avvertono più nitidi gli elementi orchestrali, o nel quarto, contraddistinto dalla presenza delle voci. Il secondo remix è una versione originaria del brano Liminality contenuto in Bécs, tuttavia differisce molto da quest’ultimo, che sembra girare tutto sul fraseggio chitarristico: nella versione qui contenuta la chitarra è presente in filigrana, quasi a non voler rubare la scena agli scampoli di sinfonia. È un Mahler quasi ipnagogico quello che viene fuori da questo lavoro: la potenza espressiva delle sinfonie del boemo viene diluita nell’ambient onirico ed aeriforme di questo gioiellino di rara eleganza. Da ascoltare davanti al caminetto acceso con un buon bicchiere di Armagnac tra le dita.
Dischi 2016, fennesz, lillevan, tone, touch