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Fenomenologia di Marco Travaglio. E sulla risposta a Sgarbi: “Sono un giornalista e non mi candido!”.

Creato il 09 giugno 2012 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali

Fenomenologia di Marco Travaglio. E sulla risposta a Sgarbi: “Sono un giornalista e non mi candido!”.di Rina Brundu.

 

E infine Travaglio ha risposto! Lo ha fatto proprio oggi a Tv Talk, l’ottimo programma  di Rai3 condotto da Massimo Bernardini. Ha risposto a quelle che ha definito le “bugie” di Luca Telese (in fuga da Il Fatto Quotidiano per fondare un suo giornale), che sul Corriere della Sera del 7 Giugno aveva abbozzato il ritratto di un Travaglio dedito al giornalismo del “distruggere” e non del “costruire”. Lo ha fatto a modo suo. E alla grande, ricordando come il compito del giornalista non sia “né quello di distruggere né quello di costruire”, quanto piuttosto quello di “raccontare” la realtà politica e sociale di un Paese da una prospettiva il più possibile “distaccata”.

Ma con questa sua straordinaria ospitata ha risposto soprattutto alla sfida lanciatagli da Vittorio Sgarbi che in un suo dirompente intervento durante l’ultima puntata di Servizio Pubblico di Michele Santoro, aveva invitato il Marco nazionale e gli altri web opinion leader a candidarsi e a scendere nell’arena politica. “Se Saviano fonda un partito, vince le elezioni: che lo faccia!” ha esortato Sgarbi. E ancora, rivolgendosi a Travaglio e agli altri ospiti santoriani: “Candidatevi, combattete: non fate gli snob!”. Sgarbi non ha dovuto fare che due conti veloci: con oltre un milione di followers feisbukici, con oltre centomila followers su twitter e un più generale seguito online che ha pochi paragoni, il Forza Travaglio è già un partito. Un partito molto più autorevole di quelli fondati dal pur vulcanico Berlusconi e un partito che, non vi è ombra di dubbio, volendo, può fare una differenza.

Ritengo però che tale capacità di fare una differenza sia direttamente proporzionale alla serietà di metodo che predilige. Una serietà di metodo che si evince subito quando il giornalista de Il Fatto risponde alla domanda cruciale: “No, io non mi candido perché faccio un altro mestiere. Non ho mai avuto la tentazione della Politica e ritengo la professione del giornalista incompatibile con quella del politico. Il giornalista deve stare all’opposizione, sempre e comunque”. Da questo suo profondo convincimento deriverebbe anche la decisione di staccarsi dall’orbita intorno al blog di Beppe Grillo, decisione maturata quando quell’angolo virtuale è diventato la “centrale operativa di una lista elettorale”.

Travaglio ha anche detto di non essere interessato a condurre un programma televisivo perché non si sentirebbe a suo agio, ma un programma simile a Il fatto di Biagi non gli dispiacerebbe: “Non c’è pericolo però: non credo che qualcuno me lo offrirà!” ha concluso sarcastico. Fosse stato un esame di guida, è sicuro che Marco Travaglio sarebbe uscito da quest’ultimo test televisivo con la patente in mano. La patente di  vero giornalista, si intende. Un giornalista da scuola montanelliana dura e pura, che fa sentire il suo imprint quando, con la flemma dello spirito convinto, il Marco nazionale batte e ribatte sulla necessità per il professionista della scrittura di mantenere una visione quanto più possibile distaccata sulle persone e sugli avvenimenti di cui racconta. “Lo scontro tra due auto” ha sottolineato “fa sempre boom!, sia che lo si ascolti da destra, sia che lo si ascolti da sinistra!”.

L’uovo di Colombo verrebbe da dire! L’uovo di Colombo che però non risulta sempre tale nell’Italia del “mestiere” addomesticato per destino e per convenienza, e che preferisce “le interviste senza domande” al racconto “spassionato, scanzonato, corrosivo” delle dinamiche che fanno vivere il potere. Fermo restando che Marco Travaglio, nonostante una data avversione per le cose della Politica-del-fare, reclama il suo diritto a raccontarla (finanche a sputtanarla) con cognizione di causa: “Non hai bisogno né di essere un cavallo né di correre al suo posto per raccontare un concorso ippico” dichiara. Come dargli torto? Il giornalismo, infatti, non è racconto biografico né marchetta fatta per piacere da critico incapace. Au contraire, tanto più risulta antipatico tanto più si ha certezza che si è in presenza di un giornalismo, o di un giornalista, credibile. Con le balle! E capace! Capace di fare una differenza, nonché di riportare le cose come stanno. Non è dunque un caso che nel dato momento storico egli possa risultare, a mio avviso (e con buona pace di Telese), il giornalista più antipatico di tutti: la speranza è che possa continuare ad esserlo per molto altro tempo ancora!

Featured image, collage.


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