di Guido Iodice – pubblicato su Left del 14 febbraio 2015
Che Yanis Varoufakis fosse un tipo fuori dagli schemi lo si è capito subito, quando lo si è visto arrivare in motocicletta alle riunione del governo. Le curiosità su Varoufakis si sprecano. Il Financial Times ha raccontato che quando Varoufakis si è recato a Londra per incontrare il suo omologo britannico George Osborne, l’ex Cancelliere dello Scacchiere Lord Lamont ha organizzato un incontro con gli investitori della City. La colazione era prevista al prestigioso Reform Club, il cui dress code impone la cravatta. Varoufakis, vestito con una camicia da discoteca, ha tentato (senza successo) di convincere il Club che non indossare la cravatta è il tipico costume nazionale greco. Mr. Varoufakis – conclude il FT – non smette mai di stupire, è vero: quando era all’Università dell’Essex, il segretario dell’associazione degli studenti neri era lui. Ma non è certo la cravatta, né la moto, a preoccupare Berlino.
A far riflettere sono la strategia e la carriera di questo economista eterodosso,che si definisce “marxista libertario”ma il cui lavoro accademico, di grande pregio, ha pochi punti di contatto con gli argomenti tipicamente marxisti. Varoufakis è un esperto di teoria dei giochi – anche qui eterodosso – e di economie e monete virtuali. In Texas ha lavorato con James Galbraith, economista keynesiano. Con lui ha elaborato la “modest proposal”, oggi base del programma di Syriza. Dopo la prima tornata di incontri di Tsipras e Varoufakis, i media hanno parlato di isolamento della Grecia. E in realtà Varoufakis sembra aver fatto di tutto per ottenere questo risultato. Ma perché Varoufakis e Tsipras tendono la corda rischiando di farla spezzare? L’economista francese Jacques Sapir richiama in proposito la “debolezza coercitiva”, descritta da Thomas Schelling, uno dei fondatori della teoria dei giochi: per il soggetto più debole è perfettamente razionale indebolire la propria posizione, quando entrambi i giocatori sanno che i loro destini sono legati. Si tratta di danzare sull’orlo di un burrone legati all’altro giocatore.
Seguitelo. Il neoministro ha incontrato prima il capo dell’eurogruppo Jeroen Dijsselbloem e in conferenza stampa gli ha detto in faccia che la Grecia non avrebbe più collaborato con la Troika
(Ue-Bce-Fmi). Mentre Varoufakis sorrideva soddisfatto, Dijsselbloem si è alzato visibilmente alterato, dimenticandosi persino la stretta di mano di rito. Successivamente Varoufakis ha incontrato il ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schäuble, ricordandogli che nel parlamento greco siede un partito nazista, Alba Dorata, e aggiungendo che «nessuno meglio della Germania può capirci, e sa come una profonda depressione insieme all’umiliazione nazionale e una disperazione senza fine possano contribuire all’ascesa del nazismo», un riferimento che a nessun non-tedesco è consentito fare in sedi ufficiali. Come se non bastasse, il premier Tsipras ha provocato annunciando che la Grecia chiederà alla Germania i danni per l’occupazione tedesca. Ecco il burrone che si avvicina. Anche se il ministro greco, ovviamente, pone la questione in modo diverso.
L’anno scorso Varoufakis aveva già previsto che la Bce avrebbe provato a mettere la Grecia con l’acqua alla gola, chiudendo i rubinetti della liquidità come aveva fatto già con Cipro.
«È una minaccia non credibile: “vi toglieremo l’Ela”. Risposta: fatelo!», twittava, ben consapevole che una decisione del genere (l’Ela è il meccanismo tramite il quale la Bce fornisce liquidità di emergenza alle banche) significherebbe l’uscita della Grecia dall’euro e l’inizio del conto alla rovescia della sua fine: «È come quando si costruisce un castello di carte, se togli la carta greca cascano anche le altre» continua Varoufakis, con un messaggio direttamente rivolto a Mario Draghi che, pochi mesi fa ad Helsinki, aveva sostenuto che l’euro è irreversibile solo se lo è per tutti membri dell’Eurozona.
La strategia di Varoufakis è proprio quella di far mettere in gioco l’euro dagli avversari, dichiarando di non volerne uscire ma sfidando l’Ue a provare ad “amputare la Grecia”. Rispondendo alle critiche che Wolfgang Münchau sul Financial Times muoveva a Syriza, contraria all’uscita del paese ellenico dall’eurozona, Varoufakis scriveva nell’aprile del 2014 che non era necessario agitare «l’opzione nucleare del Grexit» e prevedeva i passaggi di questi giorni: «Come hanno fatto con Cipro, dove hanno minacciato il governo con la sospensione immediata dell’Ela, così anche nel caso della Grecia minacceranno di staccare la spina alle banche greche». Cosa che è accaduta puntualmente quando la Bce che ha smesso di accettare i titoli di Stato greci come collaterale. Varoufakis prosegue spiegando che le banche greche non avranno grandi problemi perché possiedono pochissimi titoli di Stato, mentre potranno ancora usare quelli del Fondo salva
Stati come collaterale. E chiude: «Francoforte dovrà pensarci due volte prima di chiudere le banche greche perché una decisione del genere pregiudicherebbe l’intero sistema bancario della periferia». «Se poi Berlino non cede e vuole affossare la zona euro insieme a se stessa, lasciamola fare, dico io».
Insomma, più che danzare sull’orlo del burrone occorre «stare fermi come una roccia» sulle proprie posizioni, spiega Varoufakis a Münchau. Chi non deve dormire sonni tranquilli sono gli eurocrati di Berlino, Bruxelles e Francoforte.
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