Ferragosto Londinese

Da Aoirghe

Mi sono resa conto che, su questo blog, ho scritto molto poco della mia esperienza personale a Londra: le volte che ne ho fatto parola, era in realtà per finire a riflettere su accadimenti noti e situazione sociale ed economica. Eppure è quasi un anno e mezzo che vivo in questa città. Molte cose sono cambiate, dal mio arrivo: lavori, case, motivazioni, entusiasmi, nostalgie, opinioni su complicate questioni quali emigrare, immigrare, Inghilterra, Italia, casa, significato reale della parola casa, radici, cibo, qualità della vita, priorità personali.

È stato un anno intenso. Scrivo nel mezzo di un agosto insolito, ben diverso dall’estate cui sono stata abituata per ventitré anni: freddo e pioggia e caldo a intermittenza, felpe sempre a portata di mano, e l’afa che nemmeno sanno cosa sia. Mi manca, l’estate italiana. Mi andrebbe bene anche quella lombarda, quella delle parentesi liceali sui vocabolari di greco, col sudore a colare sulla nuca, gelati, biciclette. Qui ho sì una bicicletta, ma le distanze e il tempo atmosferico sono tali che passo comunque la maggior parte del mio tempo in cunicoli sotterranei, un’ora andare e un’ora tornare da casa mia al mio ufficio, tra gente stipata che non si rivolge la parola neanche morta. La socialità della metropolitana si traduce in Ipod, Ipad, Kindle e Iphone; i treni sferragliano e il celebre mind the doors non cessa mai, ma i londinesi sanno come isolarsi. Mi manca il tempo, qui: se lo mangiano i viaggi, la stanchezza. E mi manca, più genericamente, la qualità della vita: vivere in una casa, non in una stanza, possibilmente che non cada a pezzi, accogliente, pulita, mangiare frutta e verdura, farmi un trancio di pizza per strada, trovare biscotti veri (non gli all butter di qui), lavorare per vivere, e non il contrario.

Londra è una città bellissima, continuo a pensarlo: ma sa essere feroce, il posto peggiore del mondo, se si hanno mani vuote e poca resistenza. Ho capito che non voglio vivere in questo Paese. Le ragioni sono tante, alcune, in parte, già le conoscevo, altre sono venute a galla stando qui. Però non mi pento di niente. La verità è che oggi più che mai sono convinta che un’esperienza all’estero, qualunque estero, sia qualcosa di irripetibile. Molte volte ho pianto di frustrazione, di nostalgia, di paura: però siamo ancora qui, e qualcosa è saltato fuori, alla fine. Da qui l’Italia sembra migliore e peggiore a seconda dei giorni, ma non ho mai incontrato così tanti Italiani innamorati del proprio Paese. C’è tanta rabbia, tanta frustrazione, soprattutto perché il ritorno sarebbe l’epilogo ideale per quasi tutti, e invece resta faticoso e deludente per moltissimi. Comunque adesso si vedrà. Intanto ringrazio l’Inghilterra e Londra soprattutto per le opportunità, i musei gratuiti, i parchi, la cucina etnica, le tasse eque, il melting pot culturale e tutto il sangue che mi ha fatto sputare, esercizio sempre sano e rinvigorente.


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