Le carrozze sfilano lentamente, sonnolentemente, dondolandosi sulle molle, e facendo sentire alle volte un cigolìo, uno scricchiolìo lamentoso come per dire: “Dio!… che noia!….” Infatti sarà sempre un problema per l’umanità il sapere se il Corso sia stato inventato pel passatempo di quelli che vanno in carrozza, o per divertimento di quelli che camminano a piedi.
Intanto è certo che chi va al Corso in carrozza ha sempre una cera annuvolata, musona, dispettosa, come se piegando la testa a una triste necessità provasse almeno il bisogno di protestare colla fisionomia….
Ma ecco…. tutto ad un tratto il sole sparisce, il cielo si copre, si leva un venticello di malaugurio, i nuvoloni bigi e neri si accavallano sull’orizzonte, la primavera bugiarda cede il posto all’inverno più veritiero, e comincia a venir giù una pioggiolina fitta fitta, un pulviscolo d’ acqua che penetra attraverso i soprabiti e gli scialli, che riduce a spugna le coperte, che stinge i veli e allucignola i pennacchi.
In un attimo la strada è imbrattata da uno strato di fango che schizza sotto centomila piedi frettolosi, e costituisce un getto di sotto in su assai meno incomodo, ma molto più spiritoso di quello che si fa di sopra in giù.
Le carrozze particolari spulezzano via ratte ratte, infilando tutte le cantonate ; i carri si rifugiano sotto qualche vòlta o dentro a qualche portone, e rimangono in corso solamente i legni di piazza scelti con diligente cura fra quelli che non hanno nulla da perdere e poco da guadagnare, armadi, cassettoni, ceste da panni sudici, montati alla meglio su quattro ruote barcollanti e tirati da una pecora tosata. Pochissimi servitori in livrea e molti vetturini col soprabito rovesciato e col cappello sbertucciato dalle fitte e dalle ingozzature de’ veglioni d’un anno fa.
Nelle carrozze pochi signori e molti beceri, i primi imitanti i secondi con una perfezione da giustificare qualunque equivoco. Per aria nuvoli di gesso in polvere, nembi di rena mescolata a pallottole di fango, grandine di coriandoli, farina gialla, cinabrese, qualche arancia, molti fagiuoli, una dozzina di patate, ed altri commestibili.
Le carrozze vanno battagliando colle finestre e coi terrazzi gremiti di spettatori. Una volta battagliavano a colpi di confetti o di fagiuoli; oggi il progresso ha messo di moda i coriandoli, che hanno il vantaggio di sporcare gli abiti, i volti, e le mani.
Dopo mezz’ora di passeggiata una signora pare un fagotto di panni sudici, e un gentiluomo somiglia uno spazzaturaio. Pure quelle rapide avvisaglie, quel getto da lontano, mettono un po’ di brio, un po’ di vita, richiedono una certa destrezza nell’attacco e nella difesa.
Grida, urli, risate, interiezioni, complimenti e improperii. Vocabolario speciale ridotto alla semplice emissione del fiato modulato alla meglio in una delle cinque vocali, o in uno de’ tre dittonghi. Nessuno ride. Firenze si diverte!…
( Ferrigni Pietro F.L.C., brano tratto da “Su e giù per Firenze”, 1881 )