Ricordo che quando le mie figlie andavano all’asilo e alle elementari, al termine dell’anno scolastico venivano organizzate delle feste durante le quali i bambini cantavano, ballavano, suonavano e recitavano sotto gli occhi orgogliosi dei genitori. Credo che accada un po’ ovunque. Di sicuro succede anche negli asili di Gaza: con qualche piccola differenza rispetto a quello che ci si può aspettare.
I bambini di Gaza, come possiamo vedere nelle foto che seguono, festeggiano la fine dell’anno scolastico indossando divise militari, impugnando fucili giocattolo, gridando slogan contro Israele, esprimendo il desiderio di attaccare quel paese con razzi, di farsi saltare in un autobus, di morire da martiri. E anche mimando le torture che gli Israeliani infliggerebbero ai detenuti palestinesi, tenendo la testa di un bambino dentro un secchio che si deve immaginare pieno d’acqua.
“È nostro dovere”, ha spiegato il direttore, “educare i bambini all’amore per la resistenza, per la Palestina e per Gerusalemme”.
E un insegnante: “In questo modo cresceranno nell’amore per la resistenza e serviranno la causa della santa Jihad e della Palestina e ne difenderanno il sacro suolo”.
Cresceranno nell’odio cieco dico io. E mi domando: quante generazioni dovranno passare prima che quell’odio svanisca e in quella terra travagliata si possa riuscire a vivere in pace?
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