C'era una volta una "speciale" festa del papà, San Giuseppe, i Bignè, le frasche per il falegname “frittellaro”
Ci si preparava da una settimana almeno per partecipare alla festa vicino casa, al Trionfale, nel Quartiere dove andavo a scuola e quel giorno, il 19 Marzo, era festa da scuola e con il vestito a carattere primaverile, tutti pronti per i festeggiamenti, con la sagra e la processione, per la ricorrenza che ha avuto da sempre radici popolari.Questa ricorrenza ha sempre avuto a Roma una notevole importanza, essendo San Giuseppe assai venerato dal popolo, sia per la fama di "uomo giusto", COME SI LEGGE NEI Vangeli, che per l'umiltà del mestiere di falegname, che lo avvicinava alla povera gente.
LE BANCARELLE
Particolari celebrazioni si svolgevano soprattutto nella chiesa intitolata a San Giuseppe dei Falegnami al Foro, sede della "Università fabrorum lignariorum”, che l'aveva costruita a sue spese.La chiesa ai Fori
In quella chiesa il 19 marzo la confraternita dei Falegnami organizzava i festeggiamenti, invitando i rappresentanti delle altre associazioni artigiane a pregare e mangiare frittelle. Tanto che il santo finì per chiamarsi "San Giuseppe frittellaro”.
Er friggitore - Achille Pinelli
E infatti è rimasto legato a questa ricorrenza religiosa il profumo dei dolci che venivano fritti (qui trovi le ricette delle frittelle) all'aperto, in gigantesche padelle ed esposti, fin dalla sera prima, sulle bancarelle con “apparati, frasche, bandiere”. I pregi di questi dolci erano celebrati in versi composti spesso dagli stessi friggitori, che decantavano apertamente la qualità delle frittelle.
Non "è raro il vedere queste paragonate fino alle stelle del firmamento”, scriveva Belli, “con lodi del frittellaio”, tanto che “di un tal friggitore Gnaccherino ebbesi una volta ad udire di non esservi che un sole in cielo e un Gnaccherino in terra”.
San Giuseppe frittellaro
tanto bbono e ttanto caro,
tu cche ssei così ppotente
da ajutà la pora ggente,
tutti pieni de speranza
te spedimo quest’istanza: fa sparì dda su la tera
chi ddesidera la guera. Fa vvenì l’era bbeata
che la ggente affratellata
da la pace e dar llavoro
non ze scannino tra lloro. Fa ch'er popolo italiano
ciabbia er pane quotidiano
fatto solo de farina
senza ceci né saggina.
Fa cche ccalino le tasse
e la luce, er tranve e'r gasse;
che ar ttelefono er gettone
nu' lo mettano un mijone,
che a ppotè legge er ggiornale
nun ce serva 'n capitale.
Fa che tutto a Campidojo
vadi liscio come ll’ojo:
che a li ricchi troppo ingordi
je se levino li sordi
pe’ ccurà quer gran mmalato
che sarebbe l’impiegato,
che così l’avrebbe vinta
p'allargasse'n po’ la cinta.
Mo quer povero infelice
fa la cura dell’alice e la panza è ttanto fina
che se ’ncolla co’ la schina.
O mmio caro San Giuseppe
famme fa 'n ber par de peppe (scarpe),
ma fa ppure che er pecione (carzolaro)
nun le facci cor cartone
che sinnò li stivaletti
doppo 'n mese che li metti
te li trovi co li spacchi
ssenza sola e ssenza tacchi. E fa ppure che'r norcino
er zalame e er cotichino
ce lo facci onestamente
cor maiale solamente
che ssinnò lì drento c’è
tutta l’arca de Noè.
Manna er ffreddo e mmanna er zole,
tutto quello che cce vole
pe’ ffa bbene a la campagna
che ssinnò qqua nun ze magna.
Manna l’acqua che ricrea
che sinnò la Sora ACEA
ogni vorta che nun piove
se’mpressiona e ffa le prove
pe’ ppoté facce annà a lletto
cor lumino e'r mmoccoletto.
O ggran santo bbenedetto
fa che ognuno ciabbia un tetto,
la lumaca affortunata
cià la casa assicurata
cha la porta sempre appresso…
fa ppe’ noi puro lo stesso:
facce cresce su la schina
una cammera e ccucina.
Fa che l’oste, bbontà ssua,
pe’ fa er vino addopri l’uva,
che ssinnò, quanno lo bbevi,
manni ggiù l’acqua de Trevi.
Così er vino fatto bbene
fa scordà tutte le pene
e tte mette l’allegria.
Grazie tante….
…………..Accusì ssia !!!!!!
IL BELLI
Nelle esaltazioni delle frittelle non fu da meno un frittellaro ricordato da Zanazzo ai primi del Novecento:
"Bigna sapé, perbrio, bigna sapé
delle frittelle mie la qualità:
le venne un cèco subbito a comprà,
e a tre minuti ce vedé”.
ROMA DI ZANAZZO
Festeggiamenti, che comprendevano oltre alla sagra anche una solenne processione, si svolsero nei primi decenni del Novecento nell'allora nuovissimo quartiere Trionfale, posto sotto la protezione di san Giuseppe con la chiesa a lui dedicata. E c'erano i banchi dei frittellari, in ricordo della tradizione, tanto che l’attore Checco Durante nel 1950 scrisse i versi di una canzone cantata durante la processione:“San Giuseppe frittellaro
tanto bollo e tanto caro
tu che sei così potente
d'aiutà la pora gente
tutti pieni de speranza
te spedimo quest'istanza”.
A cui faceva seguito la richiesta di grazia:
“0 gran santo benedetto
fa che ognuno ciabbia un tetto;
la lumaca affortunata
se lo porta sempre appresso
fa pe' noi puro lo stesso.
Facce cresce sulla schina
una camera e cucina”.
C'erano anche porchettari e venditori di zucchero filato, di palloncini, girandole e aquiloni. E non mancavano i mendicanti, con immagini del santo e invocazione “A te Beato Giuseppe, astretti dal nostro cuore appenato”, offerta ai passanti in cambio di pochi spiccioli.
VENDITORI ALLE BANCARELLE
OGGI la festa di San Giuseppe è ricordata quasi soltanto dai bignè che continuano a comparire sulle nostre tavole e da alcune processioni molto ridimensionate rispetto al passato.