Feste mediterranee :DAL CILENTO VERSO CAPRI

Creato il 06 settembre 2010 da Gurufranc

DAL CILENTO VERSO CAPRI
Feste mediterranee
della provincia di Salerno
Vincenzo Esposito
IMAGAENARIA
In copertina: L.O. Sinding, Tarantella, 1905
Dalla seconda e terza di copertina:
Vincenzo Esposito insegna Storia delle Tradizioni popolari (Facoltà di Lettere e Filosofia) e Antropologia culturale (Facoltà di Scienze Politiche) presso l'Università degli Studi di Salerno.
Ha pubblicato, fra l'altro, i volumi "Si parte per la Madonna da lu monte..", Feste tradizionali in Val d'Agri (1987); Nel paese dei balocchi? Pupi, burattini, marionette, robot (1994); Fu vista levarsi una stella. Il presepe contemporaneo (1995); Finzioni. Esercizi di Antropologia culturale (1999). Ha curato i volumi Annabella Rossi: Il colpo di sole e altri scritti sul Salento (2002) e Annabella Rossi e la fotografia. Vent'anni di ricerca visiva nel Salento e in Campania.
Dal Cilento verso Capri è una ricerca etnografica su alcune feste religiose della provincia di Salerno, quelle che è possibile osservare a partire dai confini con la provincia di Napoli fino al limite della provincia di Avellino, nella Valle dell'Irno, nell'agro sarnese-nocerino e, più a sud, in alcuni paesi della costiera amalfitana e poi nella città capoluogo e, ancora, in quella più vasta area meridionale, genericamente conosciuta con il nome di Cilento Antico o "storico".
I rituali esaminati sono quelli che si svolgono per festeggiare ed insieme ricordare gli avvenimenti prodigiosi narrati nelle storie e nelle leggende relative ad alcune immagini sacre o a particolari percorsi devozionali, vicende miracolose strettamente legate al territorio indagato tanto da diventare ricordo, memoria, identità.
Preliminarmente l'Autore evidenzia come il testo restituisca ai lettori solo una parte delle feste religiose della provincia di Salerno. È solo una parte di un immaginario amplissimo; di una ritualità antica e complessa, molto indagata negli ultimi decenni, eppure sempre affascinante. Si tratta di feste che rientrano nella tradizione di una macro area che va dalla provincia di Napoli fino a quella di Avellino, nella Valle dell'Irno, nell'agro sarnese-nocerino, in parte dei paesi della costiera amalfitana, nella città capoluogo, nell'intero Cilento Antico o, come l'Autore evidenzia, 'storico'. Sono escluse, pur essendo difficile farlo davvero, le feste dove affluiscono partecipanti residenti altrove. In ogni caso si tratta diu feste che hanno molto in comune, anche con quelle escluse dall'indagine, giacché:
In tutte le feste religiose meridionali sembra agire cioè, attraverso svariate modalità simboliche, il meccanismo salvifico, purificatore e rigeneratore vita –morte –vita, assunto esemplarmente nell'orizzonte cristiano dalla vicenda del Cristo (Lello Mazzacane).
A ciò si aggiunge che al modello utilizzato sottende un apparato di risoluzione simbolica di bisogni e aspettative sostanzialmente irrisolte sul piano realistico e quotidiano (ancora Mazzacane). Sul piano dei singoli quel che si cerca è rassicurazioni sulle sofferenze, le malattie, la precarietà dell'esistenza: le feste e i pellegrinaggi avviano a soluzione ogni problema rivolgendosi a un santo o a una madonna.
Altro dato che lega ogni rituale religioso risale all'origine del culto: spessissimo l'episodio originario è similare; spesso vi è un miracolo che ha segnato la memoria storica della collettività.
L'Autore, approfonditi i meccanismi antropologici a base del testo e dato atto degli autori di riferimento, evidenzia alcuni rischi connessi ad approfondimenti del genere, come il folklorismo. Fatto sta, come ebbe a evidenziare il de Martino, che I comportamenti magico-religiosi popolari erano un espediente culturale attuato dalle classi subalterne per non restare "fuori dalla storia". Anche se la cultura dominante ha negato che ciò esistesse, e lo ha fatto proprio attraverso il folklorismo. A tal proposito Annabella Rossi ha scritto:
Un fenomeno così umanamente drammatico qual è tarantismo, nel corso del quale le "morsicate" dimostrano attraverso la danza, i sospiri, l'accorrere al santuario di San Pietro e Paolo a Galatina, tutta la miseria della propria esistenza, un'esistenza che non ha speranza e che tutta si confida nella soluzione esistenziale che possono offrire le diverse tecniche connesse al rito del tarantismo, non viene compreso a livello di studi folklorici se non come "curiosità", "esotismo", incorniciato in uno scenario, quale può essere quello naturalmente "bello" della Puglia; così viene annullato lo scandalo civile del rito, che diviene, paradossalmente, un'attrattiva ulteriore di una regione che alla luminosità del paesaggio unisce, per il forestiero pensoso, l'esotica occasione per dubbi generici, ma vagamente solleticanti".
Si giunge via via alle ritualità: i sassolini bucati raccolti durante la processione che sarebbero miracolosi; la miracolosità dell'acqua dove il sasso bucato è stato una notte intera e per questo fatta bere ai malati; il portarli appesi al collo con l'abitino della madonna; la sabbia che ha fatto da zavorra andando per mare che al ritorno viene considerata della madonna…E: san Matteo che fa affondare miracolosamente le navi di Ariadeno Barbarossa (Kayr Al-Din); la manna sgorgante dal corpo dello stesso santo; le Confraternite e le Compagnie; le cente portate in testa da fedeli diretti al monte Stella, partiti da Omignano, Guarrazzano, Amalafede, Celso, San Mauro, San Mango, Mercato Cilento e Sessa Cilento. Vi giungevano attraversando boschi secolari, sempre con sulla testa il peso delle candele riunite in cente al ritmo di ciaramelle, zampogne, organetti. Spesso, lungo il tragitto, i sentieri si riunivano; le varie Compagnie si incrociavano e praticavano un rito di pacificazione che implicava la fusione di vari paesi, senza alcun conflitto di tipo campanilistico. Ciò emerge anche dall'ultima strofa del canto di pellegrinaggio: la maronna re la stella cu' lu manto / accoglie e accummoglia tutti quanta.
Leggi post di Alessia e Michela Orlando
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