Per il terzo anno consecutivo ci sarà in Valle d’Itria a Cisternino, Locorotondo e Martina Franca il Festival dei Sensi nell’ultimo venerdì, sabato e domenica d’agosto.
Da quando la mia amica Milly Semeraro mi ha detto di voler realizzare quest’iniziativa, mi sono coinvolto volentieri per parecchie ragioni ed ho cercato di contribuire al Festival.
Facendo l’architetto e occupandomi di cose anche “fisiche” ho pensato di lavorare sulle luminarie pugliesi, ho coinvolto in quest’avventura e ricerca il collega Lorenzo Netti dell’Università di Bari ed i suoi studenti, e con le aziende, Paulicelli e Faniuolo, abbiamo realizzato prototipi presentati durante il Festival.
La ragione principale del mio coinvolgimento e della mia convinzione a partecipare al Festival è un’altra però e cercherò di dettagliarla qui.
Da bambino, come molti di noi nati in valle d’Itria e anzi come tutti noi in zona direi, andavo in campagna a fare la “villeggiatura” nei trulli e la sera al tramonto i “grandi” si sedevano sotto il pergolato d’uva dei trulli per “ragionare” tra loro; noi piccoli giravamo attorno e questi “ragionamenti” ci annoiavano parecchio e se facevamo rumore i “grandi” ci dicevano di andare a giocare di là perché stavano “ragionando”.
Si creava in campagna una specie di speaker corner di Hyde Park bucolico, un cafè Palabre come quelli presenti nella cultura del continente africano, nei quali a turno ogni “grande” si esprimeva e “ragionava”.
Io mi chiedevo cosa fossero questi “ragionamenti” e origliando di sfuggita qualche frase che veniva detta non è che ci capissi un granché, ero contento solo quando lo zio Martino, finiti i “ragionamenti”, tirava fuori un giradischi rivestito di tessuto scozzese rosso a scacchi e metteva i 45 giri di Rita Pavone, Little Tony o Celentano e a volte, ma più raramente, di Enrico Caruso o più “modestamente” di Beniamino Gigli o Claudio Villa.
Il momento musicale finale dei “ragionamenti” era importante e aveva la capacità di far zittire tutti, grandi e piccini e tutti ascoltavano rapiti guardando il vinile che girava sotto la puntina del giradischi rivestito di tessuto scozzese rosso a scacchi (chissà dove è finito poi questo giradischi!), anche gli abitanti dei trulli vicini attratti dalla musica venivano ad ascoltare sotto il pergolato del nostro trullo.
Nella nostra regione, ma anche altrove, la seconda parte, quella musicale, di queste serate ha avuto mille sviluppi e applicazioni in seguito.
Privati, amministrazioni comunali, provinciali e regionali e altri hanno promosso negli anni mille festival musicali dal vivo che vanno, come succedeva nel mio trullo con i vinili, da Enrico Caruso a Little Tony (più Little Tony che Caruso!) e le serate estive sono state, sono e saranno allietate da suoni e armonie per tutti i gusti e per tutte le capacità di percezione di questo linguaggio universale che è la musica.
La prima parte delle serate sotto il pergolato del trullo, quella dei “ragionamenti”, è stata invece dimenticata e trascurata da tutti; forse perché siamo rimasti tutti un poco bambini e questi “ragionamenti” ci annoiano e non li capiamo? Non si sa!
Il Festival dei Sensi è riuscito invece a risuscitare questa tradizione orale e bucolica e a riunire migliaia di persone al tramonto nelle aie delle masserie per ascoltare dei “ragionamenti” e questa cosa mi piace molto.
Tra i tanti “ragionamenti” che ho ascoltato personalmente sono stato molto colpito ad esempio dalla bellezza e dalla pertinenza della parola di Victor Stoichita su Tiziano e dal meraviglioso silenzio e dall’estetica attenzione del numeroso pubblico seduto nell’aia.
Un altro momento magico è stato quello della parola di Luciano Canfora sulla priorità dell’occhio rispetto all’orecchio per conoscere la storia e anche lì un pubblico molto vario ha ascoltato questi concetti orali che erano espressi senza urlare e col tempo che ci voleva al fresco dell’aia di una masseria nell’ora del tramonto.
Mi hanno incantato anche i concetti espressi da Michele Emmer sulla struttura delle bolle di sapone sempre al fresco di un’aia al tramonto e sono rimasto stupito che un argomento così “curioso” abbia avuto un gran numero di persone concentrate ad ascoltare.
La lista potrebbe continuare ma mi fermo qui!
Vuol dire che un ventennio circa di bombardamento televisivo di immagini e di false parole a fini poco nobili non ha del tutto distrutto la capacità di pensare e di ascoltare e il libero arbitrio degli italiani? Pare di sì e questa cosa mi rasserena parecchio.
Questo Festival è servito e serve anche a questo rinascimento dei sensi e la “parola nuda”, “Il Verbo” come ci hanno insegnato anche le sacre scritture, genera pensiero ma anche si fa carne e dunque sensi.
Per ora i nostri sensi sono spesso addormentati e c’è parecchia confusione sull’argomento mi pare! Ad esempio mentre installavamo le luminarie progettate dagli studenti di architettura a Martina Franca, due signore sono passate di lì e una ha detto all’altra: “saranno le luminarie del Festival dei sette sensi”!!
Per cui attraverso la parola, ma anche attraverso le immagini pensate, il cibo pensato e altro proviamo a rimettere in circolo i sensi e il pensiero vivace e informato sulla realtà e a dare una mano a noi stessi per avvicinarci o riavvicinarci al senso e all’estetica delle cose. Unica strada per vivere il presente con coscienza e per creare un futuro.