Festival di Roma 2011: “Voyez comme ils dansent” di Claude Miller (in Concorso)

Creato il 02 novembre 2011 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

Un angelo charlottiano, triste e vitale, folle e saggio (James Thiérrée, figlio di Victoria Chaplin), vola sul palcoscenico di un teatro, planando sulle facce degli spettatori, desiderosi di essere spiazzati da una  comicità nevrotica, surreale, malinconica. La sua danza aerea è un’impennata di entusiasmo effimera, maniacalmente e fatalmente destinata all’atterraggio, come un coito consumato frettolosamente, una promessa non mantenuta. Sbatte la testa sulle pareti della rappresentazione, senza riuscire a incrinarne lo sfondo, perché cede equivocamente all’illusione di poter compiere un liberatorio gesto di rottura. Diceva Carmelo Bene: «Ci sono cretini che hanno visto la Madonna, e cretini che non hanno visto la Madonna»;  ecco, Vic (James Thiérrée) è un cretino che la Madonna non l’ha vista mai (come tutti noi, del resto).

Claude Miller mette in scena un teatro edipico classico, concentrandosi sulla questione dello svanimento della figura del Padre, tema assai caro ai lacaniani, e, evidentemente non può dare risposte, ma, d’altronde, ciò che conta è la domanda, che, in questo caso, è quella giusta.

Il padre di Vic è un eminente intellettuale, un nichilista doc, e il figlio non può far altro che ribellarsi, contrapponendo alla sua aristocratica flemma una disperata vitalità, reazione comprensibile ma irrimediabilmente inadeguata. Le due donne che gravitano intorno all’artista, Lise, una regista francese (Marina Hands), e Alexandra (Maya Sansa), un medico canadese, diventano il riflesso delle due fasi di vita del protagonista, prima e dopo la morte del padre.

Alla fase di cattività delle gabbia borghese di cui Vic accusa tutti i sintomi tipici (irrequietezza, attacchi di panico), segue quella della presunta liberazione: interviene la classica infermierina “per amor dell’arte” (Maya Sansa) che accompagna la trasformazione, e dai parquet scricchiolanti degli appartamenti  parigini si passa alle immense distese innevate del Canada. Insomma, deve cambiare tutto affinché nulla muti.

Vedere Vic intrattenersi con gli abitanti originari di una terra dimenticata, tentando di recuperare una naturalità perduta, appare immediatamente come una di quelle false strategie che l’occidente più decrepito avvia quando l’orizzonte appare definitivamente chiuso, e il regista, giustamente, ne denuncia tutta l’inconsistenza.

Vic scompare, forse è morto, ma più probabilmente è in cerca di un’alternativa, presumibilmente fatta di rinuncia, di resistenza, di perseveranza. Magari diventerà un santo, il più cretino dei cretini, e lo vedremo volare, così, a bocca aperta.

Luca Biscontini

Scritto da Redazione il nov 2 2011. Registrato sotto IN SALA. Puoi seguire la discussione attraverso RSS 2.0. Puoi lasciare un commento o seguire la discussione


Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :