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Festival di Venezia – Recensione Film Miss Violence

Creato il 02 settembre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

L’incipit di Miss Violence è sconvolgente: il giorno del suo undicesimo, la famiglia festeggia la piccola Angeliki con torta, candeline, musica, balli e tante fotografie ad immortalare la giornata. E’ un perfetto quadro domestico, pieno di felicità e semplicità. Ma improvvisamente Angeliki sale sulla ringhiera del bancone e si lascia cadere nel vuoto.
L’idillio dei festeggiamenti si tramuta in vera tragedia e da lì in poi la narrazione si sviluppa seguendo le dinamiche di una famiglia che tenta di ripartire, tra dolore e difficoltà economiche, dopo un evento così traumatizzante. Una famiglia di stampo patriarcale quella descritta dal regista greco Alexandros Avranas, qui alla sua opera seconda. Con un nonno-padre(-padrone) che detta legge e severi codici comportamentali dentro e fuori le mura della casa, una nonna-madre premurosa nei confronti dei nipoti, la figlia più grande, senza marito, rimasta con due bambini piccoli dopo la morte di Angeliki e la figlia più piccola, quattordicenne, alle prese con i problemi dell’adolescenza tra esami scolastici e primi ragazzi. La descrizione del nucleo familiare all’inizio è però molto confusa e non lascia ben comprendere quale sia il grado parentale tra i diversi personaggi. Tutto si svela gradualmente sullo schermo, ma anche quando sembra che il quadro si sia fatto chiaro, c’è in realtà ancora molto da capire e da scoprire: qualcosa di assolutamente doloroso, infatti, si cela dietro la perfezione di questa famiglia, e forse è proprio questo aspetto misterioso e sotterraneo a rappresentare la causa del suicidio della piccola Angeliki.
Destabilizzante, inquietante, disturbante, psicologicamente e fisicamente violento, Miss Violence è il vero colpo a sorpresa del concorso di Venezia 70. Un film che colpisce dritto allo stomaco, strutturato su una sceneggiatura equilibrata e ad orologeria che gioca solo nel finale a carte scoperte, e una messa in scena, perfetta nel suo impianto formale, che lascia salire piano piano il dolore e la cattiveria del racconto.
Ambientato quasi completamente in interni, il film di Avranas delinea un microcosmo malato e claustrofobico, una gabbia psicologica da cui sembra impossibile sfuggire. In un climax emotivo apparentemente in discesa, dopo l’imprevedibile prologo, ma in realtà ascendente nel suo lento affiorare della verità, si presenta quasi come una complicata terapia psicanalitica, come una ipnosi regressiva che coinvolge i personaggi al fine di una presa di coscienza definitiva della terribile situazione familiare in cui si trovano, e gli spettatori nel tentativo di svelare uno sconcertante mistero.
Miss Violence è l’ennesima dimostrazione della vitalità e della creatività del nuovo cinema greco, dopo Alpis di Lanthimos e Attenberg di Tasngari, già apprezzati qui al Lido anni fa. Un’opera che fa sicuramente discutere e che senza dubbio dividerà molto, ma che merita assolutamente un premio qui alla Mostra. E il Leone non sarebbe un azzardo, ma il riconoscimento ad un lavoro artistico di notevole spessore e di una forza emotiva senza pari.

foto Federica De Masi © Oggialcinema.net

di Antonio Valerio Spera per Oggialcinema.net

Speciale Festival di Venezia Miss Violence
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