"Pete Smalls is Dead", per esempio, è l’ultimo lavoro di Alexandre Rockwell un regista sconosciuto in Italia (o magari sarebbe più giusto dire sconosciuto al grande pubblico) al quale quest’anno il festival ha dedicato una serata speciale.
Con un cast di nomi composto da Peter Dinklage, Mark Boone Jr., Steve Buscemi e Tim Roth ed una trama affascinante è lecito che lo spettatore si incuriosisca e si interessi al film. Inoltre per chi non conosceva ancora Rockwell (come me) la sua partecipazione al festival era un’occasione per colmare questo vuoto.
La scomparsa improvvisa del regista Pete Smalls riporta K.C. a ricongiungersi al suo migliore amico Jack e a tornare ad Hollywood, ambiente dal quale era precedentemente fuggito. K.C. però deve diecimila dollari ad uno strozzino che nel frattempo gli ha rapito il cane, molto prezioso per lui. Jack, però, ha una strategia per aiutarlo a rimediare quei soldi…
Rockwell fondamentalmente cerca di raccontare una storia usando come protagonisti personaggi strampalati, di difficile coniguazione in un mondo “normale” ma lo fa in un ambientazione Hollywoodiana rendendo tutto ciò credibilissimo e sottolineando spesso durante il film che: “Siamo a Hollywood!”. Nonostante le numerose scene divertenti e i personaggi fuori dal comune, però, il film non trova mai una spinta, un accelerazione, una qualsiasi tipo di forza che lo porti a decollare, si accontenta di viaggiare ad una velocità sostenuta, senza rischiare troppo. Un’occasione sprecata perché le possibilità che Rockwell aveva a disposizione erano molte di più di quelle che ha scelto di usare.
Di personaggi strampalati possiamo parlare anche per quanto riguarda “Kill me Please”, film belga diretto dal regista Olias Barco e vincitore del premio Marc'Aurelio della Giuria come miglior film.
In una clinica molto particolare il Dr. Kruger assiste pazienti desiderosi di suicidarsi cercando di allontanarli da questa idea oppure, nel caso in cui non dovesse riuscirci, di assisterli durante la fase che li porterà a miglior vita, nella quale è anche compreso il diritto ad un ultimo desiderio.
Girato in bianco e nero il film di Barco si prende una grande responsabilità, affrontare un tema delicatissimo come quello dell’eutanasia e lo fa in modo leggero usando personaggi e dialoghi grotteschi all’ennesima potenza che rendono la sua opera un prodotto originale e divertente. In alcune scene si ride e lo si fa spesso, anche di gusto, fino ad un finale goliardico che cerca anche di lanciare qualche riflessione nello spettatore.
Sebbene qualche problemino ci sia, soprattutto nella parte finale, in cui la situazione sembra un pò sfuggire di mano. “Kill me Please”, tra i film in concorso (ma anche tra quelli non in concorso) è tra quelli che convince di più in questo festival.
Un ‘opera, se non altro, interessante che speriamo possa trovare un distributore e uscire in tutte le sale italiane.