Salvatore Scibona. Anche lui, come Téa Obreht, è stato incluso tra i '20 under 40' del New Yorker (sembra che gli organizzatori del festival abbiano invitato a tappeto gli scrittori giovani più apprezzati dai giornali letterari americani). Come si deduce facilmente dal nome, Salvatore Scibona è uno scrittore di origine italiana. Tuttavia è nato e cresciuto negli Stati Uniti ed ha imparato l'italiano solo da adulto. Il suo acclamato romanzo "La Fine" è ambientato nella comunità italoamericana di Cleveland, in Ohio, dove è cresciuto. Ogni personaggio sembra indirizzato verso una meta, la "fine" del libro, appunto. Eppure quasi non c'è trama in questo libro, che dagli anni '50 va a ritroso fino al 1915, girando sempre intorno alla festa dell'Assunta, molto importante all'interno della comunità italoamericana. Si tratta di un mondo dimenticato e a noi sconosciuto, eppure appartiene al nostro passato e a quello di tutti gli emigranti che dai paeselli più sperduti sono andati a fare fortuna in America. Lo stesso Scibona racconta di come abbia dovuto riscoprire le proprie radici e come sia un caso che si chiami Salvatore (suo padre, infatti, si chiama Kenneth). "Con un nome così", afferma lo scrittore, "mi sono sentito quasi in dovere di indagare sulle mie origini, mentre per quanto riguarda la storia della famiglia di mia madre, di origine polacca, non è stato lo stesso, anche perché non c'erano più legami con il suo paese d'origine. Non conosco più nessuno in Polonia, mentre in Sicilia ho ancora dei parenti, che sto per andare a visitare".
Salvatore Scibona. Anche lui, come Téa Obreht, è stato incluso tra i '20 under 40' del New Yorker (sembra che gli organizzatori del festival abbiano invitato a tappeto gli scrittori giovani più apprezzati dai giornali letterari americani). Come si deduce facilmente dal nome, Salvatore Scibona è uno scrittore di origine italiana. Tuttavia è nato e cresciuto negli Stati Uniti ed ha imparato l'italiano solo da adulto. Il suo acclamato romanzo "La Fine" è ambientato nella comunità italoamericana di Cleveland, in Ohio, dove è cresciuto. Ogni personaggio sembra indirizzato verso una meta, la "fine" del libro, appunto. Eppure quasi non c'è trama in questo libro, che dagli anni '50 va a ritroso fino al 1915, girando sempre intorno alla festa dell'Assunta, molto importante all'interno della comunità italoamericana. Si tratta di un mondo dimenticato e a noi sconosciuto, eppure appartiene al nostro passato e a quello di tutti gli emigranti che dai paeselli più sperduti sono andati a fare fortuna in America. Lo stesso Scibona racconta di come abbia dovuto riscoprire le proprie radici e come sia un caso che si chiami Salvatore (suo padre, infatti, si chiama Kenneth). "Con un nome così", afferma lo scrittore, "mi sono sentito quasi in dovere di indagare sulle mie origini, mentre per quanto riguarda la storia della famiglia di mia madre, di origine polacca, non è stato lo stesso, anche perché non c'erano più legami con il suo paese d'origine. Non conosco più nessuno in Polonia, mentre in Sicilia ho ancora dei parenti, che sto per andare a visitare".
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