Ieri sera in una bella terrazza romana illuminata da una lune piena come la lanterna di un kafenion del lungomare di Mykonos, si è svolta una imponente manifestazione a sostegno dell’autodeterminazione del popolo greco. A confermare l’appassionata vicinanza con il paese fratello, il menu prevedeva taramosalata, feta, involtini in foglia di vite conditi con tzatziki, olive Kalamata, mentre il servizio d’ordine ha consigliato di soprassedere sui brindisi con ouzo, per motivi di sicurezza oltre che per scaramanzia e di contenere più intemperanti ed entusiastici sirtaki.
Negli interventi che si sono susseguiti è stata ribadita la ferma volontà di mostrare concretamente la solidarietà degli italiani con il Paese culla della democrazia, attraverso missioni umanitarie con meta Patmos, Creta, Santorini già passata per un’apocalisse, Coo, magari Lesvos no, per non turbare emotività e convinzioni nostrane, contribuendo economicamente anche con doviziose campagne acquisto di simpatici souvenir dal profondo significato simbolico, compreso l’Eretteo sotto vetro che se lo scuoti ci casca la neve.
Molti tra i convenuti erano elettori del Pd, ormai restii a fare outing, molti militavano nel partito della disillusione, certi erano preda di quel delirio minoritario che spera in un tanto peggio tanto meglio, utile a scuotere coscienze letargiche: tutti erano elettrizzati dalla contemplazione di una dignità dimenticata, di un desiderio di riscatto mai vissuto, di una collera non più mal mostosa, ripiegata e brontolona.
Ma la cronaca dell’evento non ci dice se qualcuno avesse in un passato non remoto tentato di sottrarre una formazione che si richiamava proprio al leader greco, oggi più che mai affine a un Amleto del Mezzogiorno, alla pressione mondana della babbiona figlia del manifesto di Ventotene e perciò totalmente imbrigliata nel disegno di un’espressione geografica Europea elitaria e autoritaria, al condizionamento di aspettative smaniose e frustrazioni velleitarie di “prestati alla politica” e venduti all’ambizione e ai privilegi garantiti da piccole rendite di posizione, vitalizi, sine cure.
Non ci dice nemmeno se hanno contribuito all’affermazione europea del servitorello citrullo e contento, che di quel successo si nutre per imporre l’indegna continuità di una austerità ormai universalmente contestata. E che si vanta di dire sempre di si in risposta a sopraffazioni disumane, a ricatti feroci, a intimidazioni esplicite, pur di conservarsi il posto che invece si propone di togliere a tanti. E che si presta a fare da ripetitore ottuso quanto infervorato delle minacce, degli abusi, delle costrizioni come prova generale delle cattive azioni che verrà chiamato a compiere in ogni caso, che vinca o perda il referendum greco.
Ma siamo sicuri che i manifestanti in terrazza come quelli sulla rete hanno ceduto anche nelle ultime tornate elettorali all’alternativa senza alternative, a “scegliere”, ma cos’altro si poteva fare?, tra un destra e una diversamente destra, assoggettandosi a un partito unico senza differenze e senza opposizione, proprio perché in troppi hanno rinunciato a esercitarla, a decidere per un voto inutile. Così come hanno rinunciato a far valere i loro referendum, come quello sull’acqua vinto e tradito,come quello imposto dalla Fiat che ha segnato definitivamente la solitudine degli operai, cui oggi si aggiunge quella degli insegnanti, a dimostrazione che sembra proprio che sappiamo solo stare a guardare, voyeur di chi si ribella, di chi rivendica dignità, di chi non vuole confinare la democrazia nei libri di scuola.