Lui, colto alla sprovvista, sentì ancora una volta l’istinto di proteggerla da se stessa: << Possiamo discuterne a pranzo? >>. Non aveva neppure finito di formulare l’invito che già si era pentito. Come gli era venuta in mente un’idea simile? Sapeva benissimo che era il tipo di donna manipolatrice, che incanta i maschi attraendoli nel suo magico mondo di chiacchiere e sorrisi. L’aspetto angelico, i modi affettati, la gentilezza ostentata, erano una copertura perfetta. Se la situazione le sfuggiva emotivamente di mano, recuperava rapidamente il controllo con la messa in scena della debolezza. Conosceva quella strategia da tela di ragno ma era troppo comprensivo, ecco il punto, troppo disposto a perdonarla. Comunque l’avrebbe portata in un ristorantino di poche pretese, dove nessuno lo conosceva, e lì forse avrebbe parlato chiaro.
L’espressione di lei passò dallo stanco al sardonico mentre attraversava la stanza e si appoggiava con le mani aperte alla scrivania: << Tu non sai quel che fai con questo invito >>. Al suo sguardo interrogativo, completò la frase: << Ti stai comportando come un perdente. Pensaci. Io non scommetto su un perdente >>. Lui alzò adagio la testa e la fissò dritto negli occhi: << La verità è che ti piace troppo trescare. Da quando sei arrivata qua non hai fatto altro >>. Estrasse dalla tasca della giacca un mazzo di chiavi e glielo mise in mano: << Di queste non ne ho più bisogno >>. Percorse con lunghi passi la distanza che lo separava dalla porta d’ingresso mentre lei, immobile, lo chiamava per nome. Si tirò dietro la porta, badando bene di non farla sbattere. L’ultima parola che pronunciò fu << Vaffanculo >>.