«Fiction’s about what it is to be a fucking human being»

Creato il 11 aprile 2011 da Frogproduction
(LA RUBRICA DEI FILM DI STEFANO)

“ho paura di non avere niente da dire”: TARNATION – USA 2003, 88’. Regia di Johnatan Caouette. Autobiografia in immagini, filmini, angosce e disturbi. C’è una quiete iniziale, una donna che canta, poi questa; comincia il film. Per buona parte della sua vita, Johnatan Caouette ha giocato con la telecamera, ha ripreso se stesso e i suoi famigliari; come una rock-star maledetta. Sua madre, Renee LeBlanc, da giovane era bellissima, divenne fotomodella, poi in seguito ad una caduta per cui rimase paralizzata per alcuni mesi, i suoi genitori, malconsigliati, la sottoposero ad elettroshock. Lei poi, se ne andò a vivere senza soldi verso New York, con suo figlio, fu violentata; tornò a casa, in Texas ( siamo negli anni ’70 ), Johnatan fu affidato a varie famiglie dai servizi sociali ( subì anch’egli maltrattamenti ), Renee fu ancora ricoverata e sottoposta ad elettroshock. Johnatan crebbe con i suoi nonni e pian piano cominciò a scoprire la passione per le immagini, si riprendeva mentre interpretava donne in preda all’ansia, picchiate dai mariti, tossiche. Iniziò a frequentare dei ragazzi nei club, conobbe il cinema underground e fece anche dei film, a scuola diresse assieme al suo ragazzo un musical. Finalmente partì assieme al suo compagno per vivere a New York. Caouette ha messo assieme una quantità enorme di materiali privati, un vastissimo videoclip con le sue trasformazioni, le sue scenette, la sua indagine per capire perché i suoi nonni non si accorgevano di stare distruggendo la personalità della loro figlia, la sua paura di impazzire come la madre. Certamente doloroso, è però incredibile come sia riuscito a raccontarsi in maniera vorticosa e toccante.

“mi chiamo Rosetta, ho trovato lavoro, ho un amico, ho una vita normale”: ROSETTA – BEL/FRA 1999, 95’. Regia di Jean-Pierre e Luc Dardenne. Alla fine, ma solo alla fine, dopo estenuanti camminate, corse, lotte, cadute nell’acqua gelida, lavori persi dopo pochi giorni, a trascinare la propria madre fuori dall’alcool, al riparo dalle manacce dei porci clienti, nel suo mondo di piccoli nascondigli, pochi oggetti, quando non ce la fa più a portare la bombola del gas nella roulotte, piange. C’è il suo amico di fianco, quello che voleva lasciare affogare per rubargli il posto nel chiosco dove impasta le Gaufre, e poi ci riesce denunciandolo al padrone perché faceva la cresta. Rosetta, sguardo incazzoso che incontra la fredda periferia belga, si arrabatta in mille modi e sembra farcela, poi cade, si sporca di terra e ci riprova, alla ricerca di un lavoro vero. I Dardenne la seguono, accompagnano il suo nervoso incedere, la mettono alle strette, le tolgono il respiro. Camera a mano, assenza di musica ( tranne che per le registrazioni del gruppo in cui suona l’amico di Rosetta ), sono scelte stilistiche che a molti risultano ostiche. In più la scelta di un personaggio che vive ai margini senza alcuna intenzione di impietosire lo spettatore, anzi.

“Orrore, orrore, mi fai vomitare, vicino a te mi sento male/che lavaggio del cervello, tu non pensi che al tuo uccello/ io ti odio e ti detesto, perché sei un gran represso/ sei un duro ma sta sicuro, io mi incazzo e ti spacco il culo” ( Orrore; Kandeggina Gang ) : VOGLIAMO ANCHE LE ROSE – ITA/SVI 2007, 85’. Regia di Alina Marazzi. Straordinario intreccio di voci, storie, diari per raccontare la liberazione sessuale, il movimento delle donne, da una prospettiva femminile. Gli anni ’60 e ’70, a partire da tre racconti personali, tre diari in cui ognuna racconta il proprio vissuto, la paura del sesso, la “scelta” dell’aborto e la difficoltà di vivere la lotta politica. Fatto per gran parte di materiali d’archivio, impreziosito dall’animazione, riesce a far emergere, a dare spazio alle riflessioni private e pubbliche che hanno portato a conquiste legislative e culturali, oltre alle inquietudini che ognuno poi si porta dentro, ieri come oggi. Consiglio vivamente.
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