Va bene, si capisce che Maroni e Alfano tentino di difendere d’ufficio De Gennaro. Non resta che aspettare la Cassazione per capire come andrà a finire questa vicenda, che si trascina dal 2001. Se finirà, perchè, come bene sappiamo, neanche la Cassazione ha mai l’ultima parola (e se qualcuno alza gli occhi al cielo d’Europa? e se poi qualcuno vuole una revisione perchè scopre qualcosa che non era noto e quindi vuole rifare il processo? e se poi…).
Nel frattempo ci possiamo limitare a 2 considerazioni forti:
1) lo Stato è diviso: da una parte di giudici che individuano e puniscono i colpevoli di reati odiosi (perchè compiuti in nome e per conto dello Stato) e di assoluta gravità (non ci sono scappatoie, sapevano di delinquere); dall’altra i politici che si sentono, manco a dirlo, al di sopra della legge e quindi non accettano le leggi stesse ma esprimono solidarietà più o meno opportune, senza considerare che stiamo parlando di un atto ufficiale dello Stato (una sentenza!) di condanna e quindi di un atto che impegna al rispetto di un potere costituito in seno alla Repubblica;
2) il rispetto della legge passa appunto anche dal rispetto delle sentenze dei giudici. Piaccia o non piaccia al duo di Governo, screditare la magistratura non rende più sicuri, non rende l’idea che lo Stato è garante della giustizia e della legalità. Semmai dobbiamo, con sconcerto, domandarci a quale Stato credere: quello dei giudici o quello della politica? Insomma se rispetto la legge e servo lo Stato non rispetto le sentenze e mi adeguo?