Fierezza mal riposta

Creato il 19 marzo 2012 da Pulfabio
Fieri di una nazione, di un ceppo culturale, fieri di una fede, fieri di questo, fieri di quello, fieri, fieri, fierissimi! Ma fieri perché poi? Per quale motivo dovrei essere fiero di essere italiano? O europeo, o veneto o bianco per quel che può contare? Cosa giustifica l'orgoglio per l'appartenenza a una nazionalità, a un gruppo etnico, a una regione piuttosto che a un'altra?
Un attimo, non abbiate fretta a liquidare la faccenda...questo non vuole assolutamente essere un intervento buonista, politicamente corretto o cerchiobottista. Atteggiamenti che non mi interessano affatto. Che spesso anzi mi infastidiscono pure. Ho parlato di europei e di bianchi ma ovviamente le domande che rivolgo a me stesso se le possono fare tutti. Perché un individuo dovrebbe sentirsi fiero di essere americano, pechinese, nero, musulmano? La questione è esattamente la stessa.
Sono europeo, italiano, veneto, bianco, battezzato cristiano ma non proprio credente. Magari posso essere contento di essere tutte o perlomeno alcune di queste cose, la circostanza può farmi sentire fortunato, o non troppo sfortunato.Può farmi piacere per esempio avere a che fare con un certo bagaglio culturale, una storia, una madrelingua, una cucina. Anche se poi bisognerebbe stabilire che grado di relazione io abbia con questi aspetti del gruppo o dei gruppi a cui appartengo. Cioè, se io ho il diritto di andare fiero di tutto ciò, che cosa dovrebbero dire un luminare, un grande critico, un sommo poeta o uno chef sopraffino?
Oppure può essere una questione meno romantica e più pratica: potrebbe infatti farmi comodo avere un passaporto con cui posso entrare in molti paesi senza trafile burocratiche troppo complesse, aver ricevuto un'istruzione di un certo livello a costi ridotti, usufruire di buone infrastrutture e servizi pubblici. Persino avere le stesse caratteristiche somatiche di molte delle celebrità di Hollywood. Potrei addirittura invidiare qualcun altro per essere nato dove e come non sono nato io. Ma di sicuro se lo fossi non sarei fiero di esserlo.Il fatto è che io non ho dovuto muovere un dito per avere tutto ciò - anzi per essere tutto ciò (e la differenza tra i due verbi non è per nulla marginale). Devo il tutto al fatto che sono nato qui e non lì, da questa coppia di genitori piuttosto che da quella. Insomma, niente a che fare con qualcosa che ho fatto io.Tralasciando il fatto che fierezza e orgoglio si rivelano spesso essere vizi più che virtù, o quello che il nazionalismo funziona alla perfezione come miccia per conflitti e che l'orgoglio religioso o di razza sono causa di genocidi e pulizia etnica, ho sempre creduto che uno fosse autorizzato ad andare fiero di qualcosa che dipende da lui, che ha fatto personalmente, che si è in qualche modo meritato. Ma essere fieri di essere nati in un posto o di appartenere a una certa etnia è giustificabile tanto quanto vantarsi per un titolo nobiliare o un patrimonio ereditati, o sentirsi colpevoli per una sventura che ci è capitata per pura casualità, atteggiamenti che generalmente chiunque tende a scoraggiare. Perché quindi accettare di buon grado, o magari addirittura alimentare questa forma bislacca di orgoglio? Non solo siamo orgogliosi di qualcosa su cui non campiamo alcun merito, siamo pure orgogliosi di esserle orgogliosi! 
Questa non è nient'altro che un'illusione: l'illusione di una moltiplicazione virtuosa quando invece tutto ciò che facciamo non è nient'altro che aggiungere vizio al vizio.
Foto di Sirsnapsalot (CC)

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