"Tu non sei il tuo lavoro, non sei la quantità di soldi che hai in banca, non sei la macchina che guidi, né il contenuto del tuo portafogli, non sei i tuoi vestiti di marca, sei la canticchiante e danzante me**a del mondo".
La vita tranquilla di un normalissimo e benestante assicuratore di una casa automobilistica, Edward Norton, viene profondamente stravolta dall' arrivo di Tyler Durden (Brad Pitt), un individuo piuttosto insolito dedito alla vendita di saponi. Norton però, stereotipo dell' uomo moderno, soffre di insonnia e di una terribile ansia che lo porteranno a frequentare gruppi di incontro per malati terminali. Qui in effetti il protagonista riceve come una sorta di beneficio consolatorio-psicologico, poiché si rende conto di essere l' unico sano tra i "veri" malati. La sua "quasi" ritrovata tranquillità però viene nuovamente messa in discussione dall' incontro con Marla (Helena Bohnam Carter), un' altra finta malata intrufolatasi come lui nelle terapie di gruppo. La soluzione ai suoi problemi sembra dunque non arrivare, finché lo stesso Tyler non lo coinvolgerà nel progetto "Fight Club".Fincher dirige questo spettacolo inquietante secondo delle logiche che già ci aveva mostrato non troppi anni addietro con il thriller drammatico sui sette peccati capitali Seven (1995). Anche qui infatti il regista ci immerge in quelle atmosfere buie, violente e quasi mai illuminate se non da quelle psichedeliche e azzeccatissime luci al neon che si impiantano incredibilmente nella mente dello spettatore.Doveroso ricordare che il film risulterà essere un eccellente adattamento dello splendido romanzo di Chuck Palahniuk, e che lo stesso scrittore si dimostrerà entusiasta della trasposizione cinematografica di Fincher (quindi doppi complimenti al regista). La denuncia di Fincher è la denuncia di un mondo ormai dominato dalle logiche capitalistico-industriali e l' uomo, ormai solamente vittima e a volte complice di questo sistema, non fa che vivere di cose materiali, preoccupato solo ed esclusivamente ad "addobbare" il proprio appartamento firmato Ikea.
In un' ottica assolutamente dura e tragica al tempo stesso, ma cinematograficamente parlando più che mai apprezzabile, il regista, decide che per l' epilogo della vicenda di Norton-Tyler avremmo dovuto assistere (e così sarà) all' "autodistruzione" del protagonista, che altra via d' uscita non trova, se non quella di sbarazzarsi una volta per tutte del suo "alter ego" (e di se stesso).*Questa, è stata una delle primissime recensioni scritte per CriticissimaMente. Eh sì, ho fatto una sorta di recupero/riciclo, anche perché martedì ne ho parlato in radio e con la scusa vi beccate pure il podcast...
Fight Club - puntata #18