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FIGHT CLUB di David Fincher stasera in tv! (dom. 14 dic. 2014)

Creato il 14 dicembre 2014 da Luigilocatelli

Fight Club di David FIncher. Rai Movie, ore 21,15.
Schermata 2014-09-23 alle 10.45.53Schermata 2014-09-23 alle 10.46.02Schermata 2014-09-23 alle 10.46.38In attesa che arrivi tra qualche giorno nei cinema il suo nuovo Gone Girl, ribattezzato L’amore bugiardo secondo le cattive abitudine titoliste di certa nostra distribuzione (lo dico subito: film buono, ma inferiore alle aspettative), diamo un’ochiata al film che ha lanciato in alto David Fincher e l’ha consolidato autore di rispetto. Fight Club è film di chiusura di un millennio – esce nel 1999 – ed è davvero qualcosa di epocale, il sigillo posto su un tempo, una sensibilità, una temperie (sotto)culturale. Di quei rari cineprodotti che esorbitano dallo stretto spazio schermico-filmico per intercettare ciò che si agita nel ventre del vivere sociale, e gli dà espressione, lo rivela, lo porta alla luce sottraendolo al non-detto e non-dichiarato. Come Arancia meccanica, come La dolce vita. Anche, definitiva consacrazione a superstar – forse l’unica vera di quegli e questi anni – di Brad Pitt, un corpo che sanguina e si ammacca e si offre, novello ecce homo dai muscoli perfetti, allo sguardo del popolo globale. Un giovane uomo qualunque (è Edward Norton) di quelli che allora venivan chiamati yuppie, e che lungo tutto il film non ha mai un nome a significare la sua esemplarità, la sua emblematicità di una condizione umana, stanco del vuoto in cui vive (benché riempito in casa di oggetti Ikea chissà perché considerati allora, in America, di massimo chic), cerca strane vie di fuga frequentando strani gruppi di self-help. Finché incontra l’uomo del suo destino, Tyler, quello che diventerà il suo doppio incarnato, la materializzazione delle sue pulsioni oscure e inconfessate, colui che lo porterà sull’orlo e dentro l’abisso del suo inconscio. Uno che ama combattere a mani nude con i propri simili, ferire fin quasi a morte l’avversario, ferirsi, ammaccarsi, trasformare se stesso in un totem sanguinolento e fascinoso. Spinge l’anonimo nostro protagonista a percorrere la sua stessa via, a combattere in un fight club clandestino dove si possan tirar fuori senza remore e controlli, né interiori né esteriori, la porpia ferocia, la belluinità, l’essere e il voler essere lupo tra i lupi. Tutto deraglierà in follia anti-sistema. Già, ma quale sistema? Film superomistico e anarchico fino al nichilismo estremo, che butta in faccia al mondo civilizzato di fine Novecento il suo lato in ombra, malato, rimosso, la voglia della violenza, di agirla e di subirla, di menare le mani in un furioso e cieco combattere contro, innanzitutto, i propri fantasmi. David Fincher, che veniva dal bellissimo Seven, si sbarazza subito di ogni implicazione ideologica e politica forse tenuamente presente nel libro di Palahniuk da cui il film deriva e punta sullo spettacolo della brutalità, sulla glamourizzazione del ferocia, rende sexy la bestia che c’è in noi e la esibisce nella sua irresistibilità. Lo fa adottando uno stile lurido-pop fitto di segni, saturo di colori e visioni, sulla base di una palette rosso sangue. Trovando in Brad Pitt, che è il perverso Tyler, colui che trascina il buon yuppie nel gorgo, un complice perfetto. Pitt è Tyler, in una totale identificazione tra l’attore e il suo personaggio, facendo del film il proprio film. Perfino il pur ottimo Edward Norton, l’everyman, gli deve lasciare spazio e farsi da parte. Da vedere come una possibile variazione tutta contemporanea del Dottor Jekyll e Mister Hyde. Tenete d’occhio Jared Leto, uno dei fighters, ancora lontano dal travestitismo di Dallas Buyers Club che l’avrebbe portato all’Oscar. Il lato femminile di Fight Club è Helena Bonham Carter, sordida e ambigua, e ormai definitivamente altra dal suo personaggio compostamente british dell’ivoriano Camera con vista.


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