Ma è una storia difficile, da scrivere e ancor più da recensire. Perché ti costringe a fare delle riflessioni personali, soggettive, di tipo etico e politico. Ti costringe a stare da una parte o dall'altra, dentro o fuori. Ed, inevitabilmente, ti porta a fare delle considerazioni critiche. Cercherò di essere oggettivo nel recensire il libro. Ma non si tratta solo di una questione narrativa. Bisognerà entrare nel merito, perché l'autore non vuole offrirci un'opera letteraria, ma un'opera che ci faccia riflettere.
La mia più grande speranza è che, raccontando la mia storia, io abbia potuto dimostrare al mio popolo, palestinesi seguaci dell'Islam, abituati da secoli a regimi corrotti, che solo la verità può renderli liberi. Ho raccontato la mia storia anche per far sapere al popolo israeliano che c'è speranza. [...] La mia storia vuole essere, inoltre, un messaggio per i cristiani.
Un po' ambizioso come obiettivo. Soprattutto se si pensa che questa è la testimonianza personale di un uomo che ha compiuto determinate scelte, motivate da principi etici e religiosi non assolutamente condivisi da tutti. Non ampiamente condivisi dal suo popolo.
La sua storia si inserisce in un contesto storico-politico così delicato che viene da chiedersi se mai la sua testimonianza e le proposte che traspaiono dalle sue riflessioni possano davvero offrire una soluzione ad un conflitto così aspro e da più parti sostenuto e, anzi, alimentato.
Mosab H. Yousef nasce da una famiglia islamica. Suo padre, oltre ad essere figura religiosa piuttosto illustre, è tra i fondatori del gruppo terroristico più temuto da Israele, Hamas. L'obiettivo di Hamas è combattere e sacrificarsi per liberare la patria dall'invasore, Israele, che ha occupato le loro terre e le loro proprietà in seguito alla Guerra dei Sei Giorni. La loro missione fa parte di uno dei pilastri della religione islamica. Per Allah chi muore per liberare il popolo e ristabilire l'islamismo è un eroe martire. Alla base del conflitto, ossia dell'occupazione israeliana, c'è un altro motivo religioso. L'invasione della Palestina è di fatto legittimata dal passo biblico, nel quale Dio affida agli ebrei la Terra Promessa (corrispondente all'attuale Palestina e Israele). Il conflitto viene dunque riportato allo scontro tra due fazioni religiose e tra l'esercito israeliano e i terroristi palestinesi. Degli interessi economici che orbitano attorno al conflitto, della "causa sionista" sostenuta e incentivata (anche economicamente) dai Paesi Occidentali, il libro non ne parla. Mosab, autore e protagonista del libro, si concentra sulla sua storia personale. Che forse non è di troppo ampio respiro per poterne trarre conclusioni che, si presume, possano avviare alla soluzione del conflitto. Ma questo è un parere personale. Il libro si divide in episodi, più o meno collegati gli uni agli altri. Si tratta piuttosto di un grande puzzle, ordinato cronologicamente e concettualmente, nel quale si ripercorrono le tappe significative del suo cambiamento. Mosab passa da ragazzino palestinese che lancia pietre contro i veicoli blindati dell'esercito israeliano, a traditore del suo popolo, in nome di una nuova visione etica, quella del Cristianesimo, che scopre durante la detenzione nel carcere israeliano. Catturato dalle forze armate nemiche, Mosab, appena adolescente, viene torturato e imprigionato. Ma la sua forza di volontà, come egli stesso ammette, non è solida come quella di suo padre, cui sono state sottoposte le stesse violenze. Alla fine egli cede, e accetta di diventare spia dello Shin Bet, istituzione militare israeliana. Il suo obiettivo è però quello di porre fine al conflitto. In questa ottica Mosab tradisce gli ideali in cui ha sempre creduto, rinnega la causa del gruppo di Hamas, e fornisce agli israeliani informazioni necessarie per stanare i ribelli e i terroristi.
Le sue informazioni salvano la vita di molte persone, ma contribuiscono alla morte di altre. Nonostante tutto, nonostante le sue speranze di salvare il popolo, le morti non diminuiscono. Gli attentati palestinesi continuano, le rappresaglie israeliane seminano morte. Le vittime sono innocenti, in un caso o nell'altro.
Sostenere una situazione e una responsabilità di questo genere è difficile. A maggior ragione se ora si guardano le cose con altri occhi. Non gli occhi di un palestinese che deve combattere contro l'occupante perché è incitato dai suoi principi religiosi. Né gli occhi di un ebreo, che presume di avere il diritto di proprietà sulle terre palestinesi, perché gli è stato elargito da Dio, qualche millennio di anni prima. Ma con gli occhi di un cristiano, che deve porre l'altra guancia e rispettare e perdonare il prossimo, e vivere pacificamente.
Il giudizio personale deve restare al lettore. Non è possibile continuare a parlare di questo libro senza scendere nel merito: è questo lo scopo dell'autore. Invitare il lettore alla riflessione. Per cui, non essendo io a dover influenzare il lettore, vi lascio alla lettura del libro.
Una sola cosa mi sento ancora di dire. La narrazione è sicuramente limitata per poter solo lontanamente immaginare di aver chiara la situazione in Medio Oriente. Al lettore non vengono date tutte le basi necessarie a poter scegliere una posizione nei confronti del conflitto, che non sia quella dell'autore. Proprio perché la storia è narrata da un unico punto di vista. A questo punto, posso consigliarvi di approfondire l'argomento, che certamente merita. Autore: Mosab H. Yousef, in collaborazione con Ron Brackin Editore: Gremese
Anno di pubblicazione: 2011
ISBN: 978-88-8440-693-4
Prezzo di copertina: € 16 AQUISTA IL LIBRO SU LAFELTRINELLI.IT