"Sveglia, il sole è già alto e io ho grandi progetti per la nostra giornata", la voce di Marco mi arriva ovattata, lontana, nonostante lui sia lì, fermo sulla soglia, con una tazza fumante fra le mani.
Al solito il suo entusiasmo, supportato dall'aroma forte del caffè, mi spinge ad alzarmi; spazzolino, dentifricio, pantaloni, maglietta, scarpe e mi ritrovo in macchina pronta per questa nuova partenza con destinazione ignota.
La radio è sintonizzata su una stazione che trasmette solo pezzi che hanno fatto la storia della musica, "evergreen" come ama apostrofarli il mio compagno di viaggio, mentre canticchia "how many roads must a man walk down..."
Io, ancora non del tutto uscita dalla spirale del sonno, mi perdo nell'ammirare lo splendore del paesaggio e mi bastano pochi chilometri per capire quale possa essere la nostra meta.
Quante volte abbiamo percorso questa strada e quante la percorreremo ancora non so dirlo, vista la precaria condizione di salute di Marco, ma ogni volta lo spettacolo che mi si para davanti è in grado di togliermi il fiato.
Vigneti a perdita d'occhio sormontano le colline, ad ogni curva il paesaggio cambia, si arricchisce di colori; spettacolo per occhi attenti in grado di riempire l'anima.
Il marrone della terra arata lascia spazio al verde dei cipressi secolari, il giallo dei girasoli stemperato dall'azzurro mare in lontananza, colorano questi luoghi dalla bellezza infinita; casa del vino buono con le sue grandi cantine, una delle quali sto per scoprire sarà la nostra meta di oggi.
Erano anni che volevo riuscire a varcare quel cancello, una delle più famose aziende vinicole italiane ci aveva concesso una visita grazie ad una lontana conoscenza di Marco che aveva addestrato, anni or sono, alcuni cavalli allevati nella tenuta.
Mai vista tanta perfezione, nulla lasciato al caso, nonostante gli infiniti ettari che ne compongono la metratura; persino la ghiaia utilizzata sulle strade scommetterei sia stata scelta chicco su chicco.
Distese di campi interrotti da sentieri, intervallati da recinti infiniti, con all'interno cavalli al galoppo e mucche al pascolo, fanno da contorno ad uno sterminato susseguirsi di vigneti in ordine perfetto.
Filare dopo filare raggiungiamo la cantina, dall'architettura moderna e innovativa, ma assolutamente in armonia con la natura circostante.
"Finalmente si beve!", esclama Marco, sogghignando.
"E si mangia!", rispondo io, ascoltando il brontolare del mio stomaco, vista l'ora del pranzo ormai superata da tempo.
Un omino basso e leggermente sovrappeso si avvicina salutandoci con cortesia, presentandosi come il fattore della tenuta, preposto a farci da guida nel nostro imminente baccanale.
Esauriti i convenevoli, il fattore ci guida verso la nostra meta che, con nostra somma sorpresa, non è la splendida cantina che ci si para davanti ma bensì casa sua.
Da perfetto ospite, ci fa accomodare per poi sparire, pochi istanti dopo, oltre la porta principale; la casa è piccola ma molto accogliente, in un ambiente unico che funge da cucina e sala da pranzo, seduti ad un tavolo in legno, blandamente apparecchiato per l'occasione, io e Marco rimaniamo in trepidante attesa.
Al suo rientro appoggia sul tavolo una forma di formaggio ed un fiasco di vino rosso.
"Non potete immaginare la gioia di condividere con voi questo mio esperimento", dice tutto d'un fiato, riempiendoci i bicchieri di quel liquido rosso rubino intenso.
"Dopo anni di lavoro in questa tenuta ho deciso di provare a produrre il mio vino anch'io", aggiunge, porgendomi un pezzo di formaggio.
Marco mi dà un leggero calcio da sotto il tavolo e io mi porto il bicchiere alla bocca per impedirmi di ridere.
"Mai bevuto nulla di più cattivo", dice Marco sulla strada del ritorno.
"Nella terra del vino buono poi", aggiunge, ormai ridendo.
"Almeno il formaggio non era male", esclamo divertita.
Sono passati anni da quel giorno, Marco oggi non c'è più, ma ricordo ancora con piacere quel vino orrendo a suggellare una giornata dal gusto tutt'altro che da buttare.
(in memoria di Marco Rossi)Premio Eno-Letterario Santa Margherita
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