L’uomo che visse nel futuro, Iris, ore 0,09.
Uno dei quei fantascientifici hollyuwoodiani tra Cinquanta e primi Sessanta che ancora oggi incantano per i loro effetti speciali primitivi, per quell’adorabile finzione fatta visibilmente di cartapesta. Sci-fi da baraccone, nel senso migliore di luogo delle meraviglie, in una sorta di citazione involontaria dei più scatenati filmini di Méliès. Questo L’uomo che visse nel futuro altro non è che la cineversione della Macchina del tempo di H.G.Wells, ove si immagina che uno scienziato britannico di fine Ottocento inventi un marchingegno che lo porta nel futuro, prima in un futuro vicino e poi sempre più lontano. Traspare un fiducia nella scienza e nella tecnica (anche nel film, non solo nel romanzo) da Ballo Excelsior, con un trionfo di meccanica un po’ steampunk. Con il roccioso Rod Taylor e una piccola diva di quegli anni, Yvette Mimieux. Regia di George Pal.