Che. Guerriglia, La Effe, ore 21,05.
Seconda parte del dittico biografico realizzato nel 2008 da Steven Soderbergh sulla figura di Che Guevara, cercando di restituirne filologicamente vita e storia al di là del mito. Si prendono in considerazione stavolta i suoi ultimi tre anni, quelli compresi tra 1965 e fine 1967. Si comincia con la partenza di Guevara dalla Cuba saldamente castrista alla volta della Bolivia, dove fonderà il suo movimento guerrigliero nel nome di Simon Bolivar, con l’obiettivo di innescare la rivoluzione armata nel continente latino-americano. Sappiamo com’è finita. Benicio Del Toro è il Che, in una immedesimazione che non è solo psicofisica. Occhio, c’è anche (oltre ad attori come Matt Damon e Franka Potente) quell’Edgar Ramirez che rivedremo poi nel Carlos di Olivier Assayas (e in Zero Dark Thirty di Kathryn Bigelow, e che vedremo tra poco in Joy di David O. Russell). Il film di Soderbergh, pur lanciato con gran pompa a Cannes, dove a Del Toro andò pure il premio come migliore attore, non ebbe l’esito sperato e si inabissò nell’indifferenza del pubblico. Forse arrivava fuori tempo massimo. Alle platee popcorn globalizzate ormai di un biopic su un eroe rivoluzionario non importava granché. Da riconsiderare però nell’ambito della filmografia, incredibilmente eclettica e aperta, di Soderbergh.