Film stasera sulla tv in chiaro: SCIALLA! (venerdì 17 gennaio 2014)

Creato il 17 gennaio 2014 da Luigilocatelli

Scialla!, Rai 1, ore 21,10.
Ripubblico la recensione scritta all’uscita del film in sala.

Un professore aspirante scrittore che campa come ghost-writer di pornostar e sottodivi. Un quasi-sedicenne del giro rap tiburtino-capitolino che della scuola non vuol saperne. Si incontrano, si scontrano, scopriranno di essere padre e figlio. È nei cinema il film che a Venezia ha vinto Controcampo italiano. Un film che parte bene come commedia di caratteri, ma che poi scivola nel patetico, nel drammatico, nel sentenzioso, e pretende di farci la morale e sermoneggiare (però occhio, c’è un grande Bentivoglio). Voto: 5.

Scialla! (stai sereno), di Francesco Bruni. Con Fabrizio Bentivoglio, Barbora Bobulova, Filippo Scicchitano, Vinicio Marchioni, Giuseppe Guarino, Prince Manujibeya.

Cose che un regista e uno sceneggiatore di buonsenso dovrebbero sempre evitare: pretendere di rappresentare i giovani e di ricreare il loro linguaggio e gergo una volta che si sia superata una certa soglia d’età, diciamo i 40. Quando il povero Luchino Visconti, che pure era Luchino Visconti, in uno dei suoi film più senili, Gruppo di famiglia in un interno, cercò di dare corpo e voce a un gruppo di giovinastri che disturbavano e allo stesso tempo ammaliavano un anziano professore solitario, li fece ballare e schiamazzare e denudare al suono di Testarda io di Iva Zanicchi (ecco la scena da Youtube), dimostrando di non capirci niente di cosa ascoltassero davvero in quegli anni (primissimi Settanta) i ventenni italiani. Cioè di tutto, però mai, proprio mai, Iva Zanicchi. Quella scena tremenda e imbarazzante di Gruppo di famiglia mi è tornata alla mente vedendo questo Scialla! in cui, già fin dal titolo (che vuol dire stai sereno), il regista nonché autore dello script Francesco Bruni cerca di riprodurre, attraverso il vociare del ragazzotto romano Luca, lo slang della subcultura rappettara in versione tevere-capitolina. Ora, Francesco Bruni di sicuro in questo tentativo si mostra meno ingenuo del povero Luchino, però non riesce a convincerci nemmeno lui quando mette in bocca al suo (co)protagonista espressioni gergali che suonano fintissime e fastidiose e artificiose, e che mai per un momento noi spettatori riusciamo a prendere sul serio. Ma è tutto il teatrino giovanile che Scialla! esibisce davanti ai nostri occhi a fare acqua da ogni parte, a non essere mai credibile, e più si sforza di mimare gesti e suoni e modi di vita di quella piccola sottocultura hip hop e più si svela come finzione, pensata e scritta e ricreata in vitro in qualche salotto o laboratorio di sceneggiatura dei dintorni di Cinecittà (o di quel che ne resta). Operazioni del genere, di mimesi linguistica di una subcultura altra, riescono solo ai grandi come Pasolini, che sapeva restituirci in romanzo e in film i suoi ragazzi di vita con mostruoso senso di verità. Ma se non si è Pasolini (che proprio in Scialla! spunta stranamente e inaspettatamente in sottofinale) meglio lasciar perdere, e non mi pare che Bruni lo sia. A dirla tutta, questo film che sta piacendo parecchio a critici e pubblico, e che a Venezia si è portato via il premio come miglior film della sezione italiana Controcampo, non mi è parso una gran cosa, allineando parecchi vizi e vizietti di certo cinema nostro da molti anni a questa parte, cioè la piacioneria, il bozzettismo, il finto disincanto che in realtà nasconde il sentimentalismo più dolciastro, e la furbizia, l’ammiccamento, la paura di essere non dico cattivi ma almeno un po’ agri, un po’ abrasivi, come invece sapeva fare egregiamente la vecchia commedia all’italiana dei Risi e Monicelli, e dei Sordi, Tognazzi e Gassman. Anche qui, guarda un po’ proprio come in Gruppo di famiglia in un interno, il film si gioca tutto sull’incontro-scontro tra un professore e un ragazzo. Stavolta il primo è un insegnante di lettere precocemente ritiratosi dalla scuola (Fabrizio Bentivoglio, bravissimo davvero), il secondo un teenager brillante e vivace e dalla lingua pronta intrippato di musica rap, e altre cose di quel genere, di nome Luca, che però a scuola è un disastro, fa ammattire i professori, è un lavativo. La prima parte di Scialla!, quando vediamo i due caratteri man mano definirsi e avvicinarsi e entrare in collisione, è la migliore e lascia ben sperare (anche se il ritmo non è proprio travolgente). Dialoghi arguti, nonostante la finta lingua di Luca. Parecchi momenti azzeccati: il professore ormai più sessantenne che cinquantenne, e però ancora con tutti i vizi e i sogni e anche il senso arrogante di superiorità antropologica della sua generazione, che è quella dei sessantottini, fancazzista e ancora lì a farsi gli spinelli, e però pronto al lamento su come è peggiorata quest’Italia e su come i giovani se ne fregano dei valori veri e della cultura vera. Un Bentivoglio in stato di grazia rende al meglio il suo prof. Bruno Beltrame (però possibile che dopo qualche decennio a Roma abbia ancora quell’accento veneto?), che campa di lezioni private soprattutto di latino e intanto, in attesa di pubblicare un libro che lo consacri grande scrittore, fa il ghost writer per bio di calciatori, stellettine e altre celebrities dell’Italia contemporanea, e ogni mercoledì si vede con una pornostar di origine est europea (una Barbora Bobulova che sta assumendo un’aria matronale e ormai pronta a una bella parte di badante ucraina cattiva) che gli detta le sue memorie (DP sta per doppia penetrazione, e avanti così, in una delle scene più divertenti). Che è poi, la pornostar, il personaggio forse più azzeccato, una tosta, cinica e furba, e però con aspirazioni di ascesa social-culturale mai domate (suona Chopin e ci tiene alla rispettabilità borghese, soprattutto per il pargolo, anche lui sui 15 anni come Luca e però ragazzo perfetto, studioso, partecipa pure alle olimpiadi di matematica). Ecco, un certo giorno Bruni si ritrova in casa Luca, mollatogli dalla mamma partita per una qualche missione umanitaria genere ong in Mali, e in contemporanea scopre pure, non senza rimanerne scioccato, di essere lui il padre del ragazzotto. Segue convivenza in cui i due entreranno più volte in rotta di collisione ma impareranno anche a conoscersi, a sopportarsi a vicenda, forse a volersi bene. Un doppio percorso di formazione, quello di Luca che impara qualcosa della vita e diventa un po’ più grande, quello di Bruno il professore e scrittore fallito, che impara cosa voglia dire fare il padre. Ogni tanto ci scappa la battuta riuscita e ben scritta, e si ride. Ogni tanto, anche, Scialla! devia dai tracciati più piacioni per avventurarsi in qualche invenzione di caratteri, e sono i momenti migliori. Della pornostar si è detto, ma c’è anche il personaggio – molto, molto azzeccato – del boss della cocaina che ci tiene a una certa classe e a un po’ di cultura e che alla sua corte dei miracoli di piccoli e medi spacciatori e zoccole varie ammannisce un cineforum settimanale a base di Truffaut, e che nella sua villa simil postmoderno californiano accumula le opere di arte contemporanea comprate a New York. Ma sono sprazzi e parentesi felici in un film che resta al fondo molto convenzionale. Un film, poi, indeciso a tutto e che svaria tra molti registri differenti senza mai abbracciarne nessuno con convinzione. Scialla! parte come commedia di caratteri (ed è la parte di gran lunga più riuscita), poi vira sul patetico (la scoperta della paternità da parte di Bruno) e addirittura sul drammatico (la parte finale con la minacciata vendetta da parte del boss). Alla fine il film di Francesco Bruni assume un andamento favolistico e si fa perfino apologo esemplare ed edificante con tanto di messaggio e morale incorporati. Il processo di formazione di due protagonisti si compie, e si compie con successo, e quanto ci viene trasmesso da Scialla! è che a salvarli (e a salvarci tutti) è la Cultura, ma proprio quella con la maiuscola, quella del greco e del latino e della letteratura classica. Il che magari è vero, e pure auspicabile, però per favore non c’è bisogno che ce lo venga a predicare con pesantezza didascalica un film-commedia. Man mano che procede verso la sua conclusione Scialla! non solo si fa sentenzioso, ma si ingrippa per la troppa melassa in circolazione. Quello che all’inizio sembrava un cinico divertissement sulla scia dei Monicelli e Risi del passato, si trasforma purtroppo dopo i primi quaranta minuti in una storia tra il patetico e il sermoneggiante da cui ogni acidità, ogni amarezza vera è rigorosamente bandita. Il personaggio del rappettaro Luca intanto diventa via via sempre più finto, e il paesaggetto hip-hop in cui il regista lo immerge sempre più di cartapesta (con battute agghiaccianti, tipo quando L., dovendo spiegare con le povere parole sue che tipo fosse l’Achille dell’Iliade, bofonchia un “era lui er capo, er mejo, un po’ come er Capitano”, intendendo Totti). Scialla! se azzecca qualcosa nella descrizione di tic e tabù della generazione babyboomer-sessantottina, non azzecca invece quasi niente nel rappresentare i gggiovani, da cui si rivela, nonostante l’apparente complicità e condiscendenza, abissalmente distante. Piacerà ai cinquantenni e oltre, non credo che convincerà i ventenni (ma stiamo a vedere come andrà al box office, magari verrò clamorosamente smentito).


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