Superipocondriaco
di Dany Boon
con Dany Boon, Kad Merad
Francia, 2014
genere, commedia, azione
durata, 107'
Promotore di uno dei successi più clamorosi del box office
francese, con incassi paragonabili a quelli dei blockbuster americani, “Giù al
nord” aveva fatto del sodalizio tra Dany Boon e Kad Merad una delle sue carte
vincenti. In quel caso poi, Dany Boon, regista oltrechè attore, si era
inventato il classico asso nella manica, con una storia che esasperava
pregiudizi e diversità tra due opposti culturali e geografici, capaci di diventare
paradigmatici di una condizione universale.
Era perciò logico che Boon, dopo una manciata di sortite non
altrettanto fortunate (“Niente da dichiarare?”, “Un piano perfetto”) decidesse
di ritornare all’antico, riproponendo la formula che gli aveva consentito
simile ascesa. Questa volta
però, forse per cercare di rinnovare il repertorio, Boon si ripresenta con una
commedia spuria, nel senso che la comicità ed il divertimento scaturiti dalla
dialettica tra il protagonista e la sua spalla sono contaminati da un diverso
registro, ora drammatico, ora romantico, che prende piede quando Romain
Faubert, ipocondriaco e single viene scambiato per Anton Miroslav,
rivoluzionario in fuga dal Tcherkistan, immaginaria nazione dell’est europeo.
Da quel momento in poi la storia subisce un’accelerazione improvvisa,
trasportando le ossessioni dello sciagurato protagonista in un contenitore
assolutamente dinamico, con fughe rocambolesche, scontri a fuoco, e salvataggi
all’ultimo minuto che riproducono luoghi e dinamiche frequentate dal cinema
d’azione.
Lo scarto, pur evidente, viene tenuto a bada con
disinvoltura dal regista che continua a privilegiare gestualità da cartone
animato (i capitomboli si sprecano così come le mimiche facciali ) e quelle
improvvisazioni linguistiche che appartengono alle specialità della casa, qui
utilizzate quando Romain deve far credere di essere un cittadino straniero, e
quindi di conoscere a malapena la lingua francese. Caratteristiche che non
vengono meno quando gli interni borghesi della Parigi della rive gauche vengono
sostituiti dall’anonimato fatiscente e grigio della prigione dove il
protagonista ad un certo punto si ritrova, ed in cui, in una scena da libro
cuore, assistiamo alla tragicomica consumazionedi un companatico, equamente diviso con topi e scarafaggi.
Così come nell’assunzione di responsabilità che Romain sarà obbligato ad
accettare durante la cattività, per superare gli ostacoli che lo separano dalla
felicità. Diversamente dal capodopera che l’ha preceduto, “Superipocondriaco”
rinuncia quasi del tutto all’analisi del contesto sociale ed allo scavo
psicologico delle varie tipologie umane che entrano in gioco solamente per
innescare le fobie del protagonista. Il meccanismo funziona a fasi alterne,
perché se da una parte la scrittura del film assicura un progressione narrativa
che non concede pause, dall’altra fa capolino una certa autoreferenzialitàche copre solo in parte i limiti di un
ispirazione troppo programmatica.
Questa sera in onda su Sky Comedy alle ore 2100
Magazine Cinema
Film telecomandati: superipocondriaco - ridere fa bene alla salute
Creato il 05 settembre 2015 da VeripaccheriPotrebbero interessarti anche :