Riceviamo da FIMA Federazione italiana Movimenti Agricoli e volentieri pubblichiamo
“Dopo l’ iniziale silenzio mediatico ed istituzionale calato sulle iniziative di protesta degli agricoltori siciliani, cui abbiamo ribadito la nostra vicinanza e sostegno, e’ in atto il tentativo di delegittimare l’immagine di un movimento spontaneo, che ha il merito di aver sollevato la questione agricola e fiscale, in particolare del mezzogiorno, dove il disagio delle popolazioni rurali, piu esposte alla crisi, fa sentire la sua eco in tutto il Paese”. Lo dichiara Saverio De Bonis, coordinatore della neonata FIMA, Federazione Italiana Movimenti Agricoli. La personale conoscenza di molti agricoltori che guidano il movimento e la storia drammatica di tragedie familiari vissute nel silenzio ci consente di testimoniare la sincerita’ dei manifestanti, animata da uno spirito di servizio verso i piu’ deboli e negli interessi generali del Paese, pur nella rabbia comprensibile di chi soffre e non viene ascoltato. Quelle rivendicazioni sono sacrosante. Da anni i movimenti agricoli italiani e le associazioni autonome stanno denunciando alle istituzioni, a tutti i livelli, la grave situazione in cui versa il settore, presentando proposte e soluzioni, tuttora inattuate. La nostra Federazione e’ allarmata per le affermazioni del presidente regionale di Confindustria che denuncia il tentativo – fisiologico – di infiltrazioni malavitose verso cui i movimenti sapranno certamente difendersi, senza ricercare saldature. Tuttavia, tali affermazioni, creando confusione sulle vere motivazioni che muovono la protesta, sposta l’ attenzione dei media nazionali. Occorre condurre una battaglia per la trasparenza nelle filiere, il reddito alle aziende e la lotta alla criminalita’ in modo serio e combattivo, senza utilizzare quest’ ultima come un pretesto per bloccare il resto. Di criminalita’ e’ disseminato tutto il Paese e i suoi abiti sono diversi. Il nuovo Ministro e’ gia’ informato degli squilibri nella catena del valore alimentare, frutto dell’ egoismo dei poteri forti, dei cartelli e degli abusi, che hanno ampliato le distanze sociali e la poverta’, riducendo la capacita’ contributiva e il potere di acquisto dei prodotti agricoli, ma non la dignita’ di chi, venendo alla luce dalla terra, puo’ andare a testa alta di fronte ad accuse disdicevoli”. La verita’, forse, e’ che la classe industriale e dirigente di questo Paese comincia ad allevare il timore di un cambio di paradigma che possa mettere in discussione la distribuzione dei redditi, intaccando molte situazioni di privilegio. Gli industriali non dovrebbero dimenticare che sul primario si fonda l’ economia dell’ Italia e se si ferma il primario e’ normale che si fermino tutte le altre attivita’ economiche. E’ inutile, pertanto, scandalizzarsi! Al contrario, serve un cambio radicale di regole e classe dirigente. La Sicilia, culla di civilta’, sta alzando la testa senza farsi strumentalizzare da nessuno; bisogna cogliere il grande segnale di mutamento dal basso, che produrra’ una contaminazione positiva per la crescita del mezzogiorno e dell’ intero Paese. E’ tempo che il Parlamento ed il Governo, in modo unitario, ne prendano atto, aprendo subito il confronto ed assumendo con urgenza misure straordinarie. Il vento del cambiamento e’ inarrestabile ed indomabile e la buona politica dovra’ supportarlo, per il bene comune.