Sono seduto al tavolo leggermente intontito come mi accade spesso al termine di un’esperienza; assorbo lentamente i cambiamenti.
Addento il muffin al mirtillo e ci trovo molte analogie con l’esperienza del corso di scrittura creativa.
L’impasto rigonfio e bitorzoluto del muffin mi riempie la bocca, la mascella fatica sulla struttura espansa proprio come la mente rimane avvinghiata sulle impalcature tecniche del narrare, temendo la caduta libera.
Fosse solo questo, sarebbe deludente.
Invece le palline di mirtillo spuntano fuori quando tutto sembra perduto, mi sorprendono e mi scuotono come i piccoli stimoli a scrivere, sperimentare, osare, andare in profondità, esporsi.
Mando giù il boccone con un caffè americano (amaro e nero di tragica realtà “non mi pubblicheranno mai” diluito in opportunità da cogliere “yes you can”).
Mando giù anche la fatidica domanda ”ne valeva la pena?”mentre già prendo l’uscita del locale.
Un ultimo saluto alle proprietarie e sono fuori.
Sì, ne valeva la pena.
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