Finalmente Vauro riesce a far ridere: «vi saluto compagni, con il pugno chiuso!»

Creato il 03 ottobre 2012 da Uccronline

Mai il vignettista anticlericale Vauro Senesi ha fatto più ridere che con la sua patetica lettera di addio a “Il Manifesto” con il quale ha collaborato per 30 anni. Ha scaricato un po’ codardamente il quotidiano comunista, in liquidazione e profonda crisi, per approdare a “Il Fatto Quotidiano”, anch’esso in crisi ma in modo meno serio. In poche parole l’orgoglioso comunista Vauro ha salutato i “compagni” per andare in un quotidiano non di sinistra dove viene pagato meglio, non c’è male come ipocrisia.

Vauro è uno dei tanti volgari personaggi che sfruttano la libertà di satira per sfogare le loro frustrazioni. Ma ci si può nascondere dietro la libertà d’espressione giustificando ogni insulto e ogni offesa possibile?

Si può ridere dei due marò addetti alla protezione della petroliera Enrica Lexie fermati il 20 febbraio a Kochi perché sospettati di aver sparato a due pescatori indiani scambiandoli per pirati? Si può, al grido “la satira è libertà”, ridere sui morti causati dal terremoto dell’Aquila nel 2009? Si può dare libero sfogo al sessismo e alla misoginia con le proprie vignette? Si possono offendere milioni di credenti e cristiani ridicolizzando un Gesù in croce tentato dall’autoerotismo? Si possono descrivere i sacerdoti cattolici come tutti pedofili?

Evidentemente sì, dato che Vauro lo ha sempre fatto, spostando a piacimento i confini della satira che secondo lui autorizza a qualsiasi tipo di offesa. Don Maurizio Patriciello, uno dei tanti preti -diffamati da Vauro- che lavorano per i più bisognosi, gli ha risposto scrivendo: «Sono un uomo che rispetta tutti e chiede di essere rispettato. Che non offende e gradirebbe di non essere offeso, infangato. Il signor Vauro con le sue vignette che dovrebbero far ridere tutti e invece, spesso, mortificano e uccidono nell’animo tanti innocenti. Ma non si deve dire. È politicamente scorretto. È la satira. Il nuovo idolo davanti al quale inchinarsi. La satira, cioè il diritto dato ad alcuni di dire, offendere, infangare, calunniare gli altri senza correre rischi di alcun genere».

Per capire meglio l’ideologia di questo personaggio è utile leggersi l’imbarazzante lettera, citata sopra, con la quale ha salutato i lettori de “Il Manifesto” l’altro giorno. Un uomo che nel 2012 e dopo l’orrore degli stati totalitari del ’900 non si vergogna di proclamarsi “comunista”, magari uno dei tanti nostalgici di Stalin. Sentite il ridicolo anacronismo di Vauro…magari con “Bella ciao” come sottofondo:  «un saluto a tutti i compagni e le compagne del giornale [...]. Ho in mano una copia de “Il Manifesto”. Sotto la testata, in caratteri più piccoli, c’è ancora scritto “quotidiano comunista“. C’è chi sostiene che comunista sia ormai un termine obsoleto che non significa più niente o peggio. Per me significa molto. E allora saluti comunisti compagni. A pugno chiuso».

Compagno? Pugno chiuso? Ma che tristezza.. davvero senza senso del ridicolo, senza rispetto per le vittime del comunismo, il più grande progetto mai realizzato contro la dignità dell’essere umano. Almeno per una volta Vauro è riuscito a farci sorridere, seppur amaramente.

Luciano Magnini