Dopo la pubblicazione del mio articolo Fine vita, la Chiesa oscurantista contro “Vieni via con me” , Fulvio De Nigris direttore Centro Studi per la Ricerca sul Coma, mi ha scritto una email. Ne è nato un breve scambio di lettere che, con il consenso di De Nigris, rendo ora pubblico sperando di dare spunto per la prosecuzione di un dibattito su un tema che mi sta molto a cuore.
Gentilissima ho letto il suo commento al mio elenco pubblicato su "Avvenire" e mi dispiace di non essermi spiegato. Il mio era riferito al padre di Eluana con il quale, come sa, sono in confronto, a volte anche pubblico, da tempo occupandomi di coma e stato vegetativo. Ci sono molte famiglie che la pensano diversamente e vogliono che il loro "stile di vita" (mi sembra molto chiaro e sono io a non capire il suo '?') sia rispettato. Con un po' più di condivisione e meno ideologismi si potrebbero evitare estremismi come quelli che si sono visti a partire da una trasmissione televisiva.Con viva cordialitàFulvio De Nigris
direttore Centro Studi per la Ricerca sul Coma
Gli amici di Luca
Gentile De Nigris,
mi spiace, ma continuo a non capire. Che ci siano molte famiglie che la pensano diversamente è fuor di dubbio ma il punto è che Beppino Englaro non ha mai chiesto che queste famiglie cambiassero idea. Al contrario, durante tutti i 17 anni di stato vegetativo permanente di Eluana sono stati in troppi a pretendere di imporre il loro punto di vista a Beppino e alla sua famiglia, non rispettando affatto le loro idee e, soprattutto, il loro dolore. Qui non si tratta affatto di "stili di vita", espressione che mi pare francamente riduttiva, ma della libertà di prendere, nel dolore, la scelta che più è coerente con le proprie convinzioni e con i propri sentimenti, in piena e totale autonomia. Una scelta le cui conseguenze ricadono esclusivamente su se stessi e sulla propria famiglia e che nulla
chiede e pretende dagli altri. Il significato della battaglia di Beppino è tutta qui. Se io mi trovassi nelle condizioni di Eluana l'unica cosa che pretenderei è che a decidere cosa fare fossero mio marito, mia madre, mio padre, insomma le persone che più mi sono state vicine, che mi conoscono più intimamente. E sarebbe assolutamente intollerabile che chiunque altro - medici, associazioni, altre famiglie con problemi simili, sacerdoti,
opinionisti - pretendesse di sostituirsi a loro. La differenza è tutta qui: Beppino, Mina, io stessa, nel mio piccolo, non ci sogneremmo mai di interferire con le decisioni di chiunque in una situazione così difficile. Loro invece hanno dovuto lottare perché gli altri la smettessero di interferire. La differenza non mi pare di
poco conto.
cordialmente
Cinzia Sciuto
Gentilissima questa è solo una minima parte del problema. Mi dispiace che la maggior parte dei giornalisti (ed io faccio parte della categoria) non capisca la complessità del problema e la ricaduta di tutto questo sui giovani, sull'opinione pubblica e sulle migliaia di famiglie che hanno una persona in stato vegetativo. Lo ripeto c'è enorme differenza tra il caso di Welby ed il caso di Eluana. Non è un fatto politico e tantomeno cattolico o ideologico. Questo non lo si vuol capire. Tutti quanti pensano di essere gli allenatori della nazionale di calcio e di poter decidere al meglio le strategie della squadra. In realtà non è così. Noi non possiamo neanche immaginare come saremmo al posto di Eluana e neanche che cosa provano le famiglie delle persone in stato vegetativo. Possiamo comprenderle, ascoltare le loro testimonianze e vedere di operare al meglio per i loro bisogni ed i loro percorsi di vita. E' quello che stiamo cercando di fare.
Con viva cordialità e buon lavoro.
Fulvio De Nigris
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