La natura, fuori,
non collabora.
Immobile si specchia come sempre,
ignora il mal di stomaco
l’affanno delle viscere,
e non sa nulla dell’entusiasmo armato,
del dire che finalmente abbiamo osato.
Sguardi di foglie, sproloqui di rami
cielo già troppe volte nominato:
non per chiamare voi, sangue di stecchi,
mi affaccio, ora, a me stessa dalla soglia
delle cose che puramente stanno.
E’ per un astio frigido
d’essere carne intelligente,
memore, serva dei segni,
e senza sonno.
E che sia questo il dono.