Sarà la sala gremita di gente a togliere l’aria ai polmoni. Sarà quella stanzetta da cinquanta posti a essere claustrofobica. Quella stanzetta prenotata dopo un flop pazzesco ad Agrigento. Quella stanzetta all’Hotel Brufani di Perugia, noto ai più per essere il luogo della non storia da dove è partita la Marcia su Roma…
Sarà l’atmosfera annichilita dalla non gioventù a parlare a quella stanza in un “politichese” perverso.
L’Italia “della non destra, della non sinistra e del non centro” sembra essere scesa in campo ormai da tempo. Protagonista quest’oggi Gianfranco Fini nelle vesti di un pacato rivoluzionario e di un perfetto Robin Hood style al contrario. Ma quanta rivoluzione c’è in un uomo che dice di vuol cambiare l’Italia affermando: “I giovani non trovano lavoro perché non sono preparati”? Gli stessi giovani vessati dalla politics of austerity di Mario Monti? L’ex Presidente della Camera è come se lo ricordano tutti: alto, un po’ “lampadato” e dal sorriso facile con quel suo savoir faire alla Pier Ferdinando Casini.
Cambia l’accento, ma la sostanza è sempre la stessa e pure la coalizione. Anche “l’odio” nei confronti del suo ex alleato Silvio Berlusconi, al quale permise più volte di salire al Governo, è lo stesso.
Si dice riformista Gianfranco Fini, ma c’è chi lo definirebbe un eterno risentito. Non c’è da biasimarlo dopo le dichiarazioni del Cavaliere al Free Press Pocket: “Fini mi ha deluso sul piano umano e sul piano politico”.
L’ex terza carica dello Stato risponde così all’affermazione: “Io non me ne sono andato dal Pdl, sono stato messo alla porta per aver criticato pubblicamente Berlusconi”.
Coraggioso si direbbe, ma alla domanda se riprenderebbe mai un caffè con Umberto Bossi, la musica cambia notevolmente con un diplomatico: “Mi ha fatto un bella battuta”. Risata e si riparte con l’intervista.
Cosa ne pensa di Silvio Berlusconi: “E’ un uomo allergico alle regole. O si fa come dice lui o non si fa niente. Un uomo che si ritira dal confronto televisivo con Monti vuol dire che lo teme. Perché con Monti sì e con Bersani no? Mi auspico solo che prima del voto ci sia un confronto tra tutti i leader delle varie coalizione, ma so benissimo che questo non avverrà”.
Scardinate anche le teorie complottiste del padre fondatore del Popolo delle Libertà: “Monti non è arrivato a Palazzo Chigi per un colpo di stato, ma perché Berlusconi, Bersani, Casini ed io comunicammo al Capo dello Stato che con la crisi in atto non si poteva votare. Dovevamo dare nuovamente un equilibrio politico ed economico al nostro Paese”.
E l’Imu di cui si parla tanto? “E’ solo un modo per portare voti, ma quanto ci sia di vero nel fatto che sarà fatta arrivare direttamente nelle case dei cittadini è tutto da vedere”. Insomma sembra un’altra era geologica quella in cui Fini e Berlusconi erano la coppia d’ora della politica scoppiettante di destra, la stessa che accolse i disillusi benevolmente. Ma che fossero diversi nell’intendere la politica e nel modo di essere non era una novità neanche a quei tempi di finti sorrisi.
Altro politico, altra storia. Chi teme più di tutti? “Sicuramente Grillo. È la risposta a una febbre di sfiducia che sta attraversando l’intero Paese. Ma che sia la risposta giusta ho i miei dubbi. Un conto è andare in piazza a fare comizi e un conto è amministrare uno Stato. Qui sta la differenza”.
Insomma nessuna fiducia a Berlusconi e alla Lega. Parole di scherno anche nei confronto del Movimento 5 Stelle.
E quindi questo Paese sarà governabile? “Dipende da come andranno le elezioni”. Risposta che alla resa dei conti suona quasi come un no.
(Fotografia: Michele Lilla)