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Alessandro Da Rold
Sarà che Silvio Berlusconi non è più di moda, sarà che Matteo Renzi sta scardinando i vecchi sistemi della politica italiana, sarà che diverse inchieste della magistratura sono finite in un nulla di fatto (persino l’ex numero uno di Bankitalia Antonio Fazio è stato assolto pochi giorni fa in Cassazione), sarà che forse l’ultima fiction su Tangentopoli non è piaciuta abbastanza, sta di fatto che il partito delle manette, quello dei giustizialisti con la “g” maiuscola che da vent’anni urlano contro la corruzione e i collusi della politica, sta vivendo un periodo di crisi nera.
Basta mettere in fila i fatti di cronaca per accorgersi che, sul fronte politico, l’unico rimasto a strepitare contro i corrotti è Beppe Grillo. L’ultima assemblea di Eni ne è un esempio, con il leader a cinque stelle solitario a inveire contro le presunte mazzette del cane a sei zampe, anche se poi è stato beccato a chiacchierare con l’amministratore delegato Claudio Descalzi. La sinistra italiana, invece, per anni abituata a scagliarsi contro l’ex Cavaliere, le donne dei festini di Arcore, i fondi neri di Mediaset e il Lodo Alfano, pare ormai aver subito una mutazione genetica. Lo dimostra anche l'ultima polemica sul ddl corruzione, che fette della magistratura hanno giudicato troppo blando nei confronti dei colletti bianchi.
Renzi non ha rotto solo con il mondo della scuola, quello dei sindacati e dei pensionati. Il premier/rottamatore ha messo una pietra tombale pure sull’assioma indagato-uguale-condannato, prendendo spesso di petto la questione giustizia e litigando con i magistrati. Lo fece la prima volta proprio con Descalzi, pochi giorni dopo la nomina a San Donato, quando la magistratura milanese recapitò al nuovo numero uno di Eni un avviso di garanzia. Lo difese con un tweet.
Il garantismo, insomma, con Renzi è tornato di moda tra le file del centrosinistra. Lo stesso Raffaele Cantone, presidente dell’Anticorruzione, attaccato a più riprese dall’autore di Gomorra Roberto Saviano, è ormai un alfiere del garantismo, dopo aver difeso l’ex capo della polizia Gianni De Gennaro durante le polemiche sul G8 di Genova. «Assolto. Non può pagare per tutti». È il nuovo trend della politica italiana. Anche il quotidiano Repubblica del gruppo De Benedetti sembra aver avuto un cambio di passo. E c’è chi fa notare che proprio gli attacchi di Saviano per le liste elettorali di Vincenzo De Luca in Campania siano arrivate sull’Huffington Post, non su quel quotidiano che s’inventò le dieci domande a Berlusconi sul caso Ruby. Persino l’Espresso nel numero di venerdì 15 maggio pubblica un’intervista all’ex pm di Mani Pulite Gherardo Colombo che dice: «Ero uno che mandava le persone in prigione, convinto fosse utile. Ma da almeno quindici anni ho iniziato un percorso che mi porta a ritenere errata quella convinzione».
Gridare alle manette forse funzionava solo con Berlusconi? Anche il Fatto Quotidiano ha perso copie rispetto al passato, circa il 18,7 in meno se confrontato con il 2014 (dati Ads marzo del 2015). Ci deve aver pensato anche Michele Santoro, che con il suo Servizio Pubblico non riesce più a sfondare negli ascolti, superato da due conduttori di destra come Paolo Del Debbio e Nicola Porro. La crisi è nera. E riguarda la stessa magistratura, ormai cambiata e criticata spesso dai cittadini, con poche procure ancora sotto i riflettori.
L’ultima che si ricordi è Napoli, con Henry John Woodcock per l’inchiesta sulle tangenti di Ischia - finita poi con lo spostamento a Roma. Milano non è più Milano, dopo l’assoluzione di Berlusconi al processo Ruby. In più, a creare ancora più critiche tra gli italiani, è stata la lite tra il capo della procura Edmondo Bruti Liberati e l’aggiunto Alfredo Robledo. E così Grillo è rimasto il solo, al momento, a tendere la mano ai magistrati. Lo ha fatto con Nino Di Matteo, ad esempio. Serve per raccogliere consensi in un settore dove, al momento, le correnti sono sempre più ai ferri corti. Le critiche delle toghe rosse di Area contro il governo, ad esempio, non fanno più nemmeno notizia. Magistratura Indipendente, intanto, è sempre più forte. Ma allo stesso tempo si sta formando una nuova schiera di giovani magistrati che vorrebbero rottamare le vecchie gerarchie. Si presentarono già nel 2012 con la Proposta B, andò male, ma ora nello spezzettamento e nell'indebolimento delle correnti continua ad aumentare il malessere: c’è chi li chiama i nuovi grillini.
Fonte: Linkiesta.it
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