Fino alla fine della strada: nel grande Sahara del Marocco

Creato il 26 marzo 2014 da Nonsoloturisti @viaggiatori

Ci svegliamo ad Agdz, un villaggio di mattoni di fango situato nel sud del Marocco e immerso in un palmento che si dipana lussureggiante per ben 200 chilometri. Il paese si trova nella valle del Draa, un antico fiume che scorre ormai solo nei periodi più secchi, quando viene aperta la diga costruita più a nord.

Abbiamo trascorso la notte in un’autentica kasbah appartenente ai discendenti di una nobile famiglia. Al mattino il proprietario ci accompagna ad esplorarne i cunicoli e le terrazze. Dall’alto delle sue torri si apre una vista meravigliosa: sappiamo di doverci riempire gli occhi di verde perché oggi viaggeremo verso l’arido sud.

Ci mettiamo in viaggio e dopo un centinaio di chilometri raggiungiamo Zagora, la cittadina che funge da snodo regionale per il rifornimento di merci provenienti dal resto del Paese, retaggio di un tempo in cui rappresentava l’ultimo avamposto prima del deserto: ancora espone il famosissimo cartello “52 giorni di cammello a Timbuctu”.

Oggi però la strada va oltre e vogliamo arrivare in fondo. Superato quindi il centro abitato, si apre davanti a noi un paesaggio lunare. La sensazione è quella di essersi lasciati alle spalle una barriera, oltre la quale siamo rimasti davvero in pochi. All’orizzonte ci attende una bassa catena di monti che supereremo al passo e che nasconde ai nostri occhi il deserto, quello vero.

Percorriamo così altri 100 chilometri, puntando dritti a sud. La sabbia si mostra ora ai lati della strada come una presenza sempre più tangibile.

Raggiungiamo infine la nostra meta, il villaggio di M’hamid, ultimo paese prima del nulla (qui, per Timbuctu, mancano “solo” 50 giorni). Avevamo visto dalla cartina che lì moriva la strada, ma trovarsi di fronte alla fine, reale e concreta, è emozionante.

Abbiamo prenotato dall’Italia il bivacco nel deserto per la notte successiva, ma non sappiamo dove dormiremo di lì a poche ore. Tra i tanti procacciatori d’affari che cercano di “accalappiarci”, in quanto unici turisti in zona, ci imbattiamo nel nostro uomo, colui che avremmo dovuto contattare il giorno seguente e che ci indica un riad per la notte.

Una volta sistemati ci avventuriamo per una breve passeggiata lontano dalla strada, seguendo, unico riferimento nel nulla, i ciottoli indicanti il letto di un fiume in secca. In meno di mezz’ora raggiungiamo un paese che sembra emergere dalle sabbie. Avvicinandoci, scopriamo che quelli che da lontano potevano sembrare appezzamenti coltivati, sono in realtà foglie di palma poste a barriera della sabbia, che altrimenti sommergerebbe le case.

Siamo in un luogo senza tempo e ci fermiamo rispettosi, rinunciando a percorrere le vie di quel villaggio in apparenza disabitato, ma la cui moschea nuovissima tradisce la presenza umana. È il grande giorno. Sessanta chilometri in fuoristrada ci dividono dalle dune di sabbia, ma il deserto inizia già lì.

Non c’è strada, la nostra guida segue una pista che si intreccia a mille altre tracciate sul terreno, senza logica apparente. Siamo partiti nel primo pomeriggio ed ecco, all’orizzonte, apparire un vero miraggio. Solo allora, pensando ai viaggiatori di un tempo, comprendo l’importanza del cartello di Zagora, quell’indicazione temporale dei 52 giorni di cammello, un’aspettativa che per le carovane si faceva via via speranza, ad ogni nuova alba, tra tempeste di sabbia e fate morgane.

Poi, dal terreno piatto e sconfinato, vediamo sorgere morbide le dune. Abbiamo impiegato circa un’ora e mezza in auto per raggiungerle e certo questo luogo è una valida alternativa a Merzouga, l’altra località marocchina dedicata ai bivacchi nel deserto. Essa può essere raggiunta in soli trenta minuti di cammello, un indubbio vantaggio per i tour operator, ma è decisamente troppo affollata per chi desideri provare l’esperienza del vuoto silenzioso.

Il fuoristrada ci lascia al campo tendato che ci accoglierà per la notte. Saltiamo giù veloci, abbiamo fretta di arrampicarci in cima alle sabbie più alte, per goderci il tramonto e non farci sorprendere dal freddo, che nei deserti cala più improvviso del buio.

Camminando cerchiamo di orientarci, siamo a soli 35 chilometri dall’Algeria, al confine del grande Sahara. Poi ci accovacciamo seduti e ce ne stiamo lì, a piedi nudi tra i granelli rossastri, a guardare lontano.

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