FINTE BIONDE ALLA RISCOSSA - Una scelta di vita, non solo una scelta estetica

Creato il 27 luglio 2011 da Ciro_pastore
Fino agli anni ’80, le quarantenni (ed oltre) erano costrette, dalle convenzioni sociali, ma soprattutto dalle ristrettezze economiche, ad accettare il degrado che gli anni imponeva loro. I capelli bianchi che, a ciocche o uniformemente, incorniciavano i loro volti invecchiati precocemente. Pochissime donne, sempre appartenenti al mondo dello spettacolo, si arrischiavano a coprire i segni inesorabili dello scorrere del tempo, affidandosi alle primordiali tinture che all’epoca erano sicuramente degli intrugli poco sicuri. Tra le meno abbienti, si ricorreva, invece, alla camomilla Schultz che, altro non era, che uno shampoo colorante che aveva effetti limitati nel tempo e scarsa capacità coprente dei fastidiosi capelli bianchi. Alla lunga, poi, l’effetto dorato della camomilla trasformava le chiome in improbabili coperture sul genere delle scope di saggina, tipo spaventapasseri di una volta. Negli anni ’80, l’edonismo imperante sdogana la tintura e la rende praticabile anche dalle casalinghe annoiate. Gli anni ’80 furono il decennio che diede l’illusione a tutti di poter diventare ricchi, grazie ad un debito pubblico lasciato crescere con deliberata strategia di espansione politica attuata dal CAF (Craxi-Andreotti-Forlani). Ogni italiano, con un passato millenario di povertà, credette di poter accedere al rutilante mondo del jet-set, ogni massaia sognava di approdare a quella mondanità fatua di cui leggeva sui giornaletti disponibili dal parrucchiere. Ecco che le chiome bionde, per niente tipiche delle italiane, prendono a diffondersi come simbolo del nuovo status economico raggiunto. I capelli naturalmente ingrigiti da quel momento in poi saranno relegati solo alle chiome delle intellettuali della sinistra radicale, dure e pure nel loro fallimentare femminismo.Pian piano, il biondismo si diffuse presso ogni strato sociale, coinvolgendo anche le teenagers che, di certo, non ne avevano bisogno come escamotage per nascondere i capelli canuti. Inesorabilmente, la finta bionda è diventata una categoria morale, più che un artificio estetico per restare il più a lungo possibile sulla cresta dell’onda.In questi ultimi anni, poi, le finte bionde si sono emancipate dal clichè della donna magari sexy ma fondamentalmente oca. Le biondiste ad oltranza hanno imparato a proprie spese che occorreva aggiungere qualcosa all’attenzione per l’involucro. Certo, i capelli sono solo l’elemento più appariscente di un complesso di piccoli e grandi elementi che compongono il quadro. La finta bionda tipo, infatti, indossa occhialoni da sole Gucci, molto grandi e scuri, accessori griffatissimi: borsa a bauletto Fendi portata al gomito, scarpe con tacchi alti Vic Matie. La sua fluente capigliatura bionda, liscia o mossa che sia, deve essere esibita come un ulteriore accessorio che comunica un’immagine di sicurezza, oserei dire di sfrontatezza. La biondista non è solo una donna che afferma la sua volontà di non accettare il lento degrado dell’invecchiamento. La tipologia sociologica che esse affermano è quella degli affluenti, come li definiva Giampaolo Fabris. La categoria degli affluenti è composta dai modaioli, da chi è fashion victim, completamente e felicemente integrato nella società consumistica, di cui sposa mode, tendenze e totem.Dal punto di vista psicoanalitico, la finta bionda ama lo shopping, spesso con modalità compulsive. Non conta se quello che acquista piaccia a lei, conta soltanto che sia socialmente desiderato e che la metta al centro dei desideri maschili e, soprattutto, delle invidie femminili.Per quanto riguarda i costumi sessuali, la finta bionda è fondamentalmente promiscua ma sempre con motivazioni legate all’innata tendenza all’arrivismo. Non è tanto la soddisfazione erotica che cercano, il sesso è soltanto un mezzo per arrivare ad una posizione economica che consenta loro di alimentare all’infinito lo shopping compulsivo. In questa logica, ogni manovra è consentita, ogni doppiogiochismo è lecito, anzi obbligato. Come un perfetto predatore si muove istintivamente alla ricerca di vittime da sacrificare sull’altare dell’effimero. Il maschio come semplice strumento per raggiungere posizioni sociali ed economiche che le sono precluse. Il lusso non è un fine ma una ragione di vita. La finta bionda finisce, così, per vivere in una continua corsa ad ordire trame di potere che le consegnino vantaggi immeritati se non con il sudore… delle natiche.
Ciro Pastore – Il Signore delle Ancellehttp://lantipaticissimo.blogspot.com/

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