Lasciare da parte rivalità e magari qualche antico dissapore, per unire gli sforzi verso la conquista di un obiettivo comune. È l’impegno che ogni volta si trovano ad affrontare gli schermidori, divisi e uno contro l’altro nella prova individuale, insieme (e non sempre amici fuori dalle pedane) in quella a squadre.
L’amalgama perfetta l’ha trovata ancora una volta il fioretto italiano: Valerio Aspromonte, Giorgio Avola, Andrea Baldini, Andrea Cassarà (in rigoroso ordine alfabetico), sono arrivati sul gradino più alto del podio olimpico di Londra per questa loro capacità. Perché non basta il talento, senza dubbio immenso, dei quattro ragazzi italiani presi singolarmente. A testimoniarlo c’è una discrepenza coi risultati della gara individuale di cui avremmo fatto volentieri a meno.
Merito anche di Stefano Cerioni, ct salutato a dicembre 2012, capace di scelte difficili (Baldini, quarto Azzurro nel ranking, scelto per la prova individuale a discapito di Giorgio Avola, e migliore tra gli italiani con un podio sfiorato), senza però disunire il gruppo. Così è nato l’oro di Londra, con Baldini assoluto trascinatore, e il Giappone battuto in finale al termine di una cavalcata trionfale. A testimoniare l’unità d’intenti dei fiorettisti azzurri, un abbraccio collettivo per festeggiare il titolo olimpico. Il primo a lanciarsi verso Baldini è stato Andrea Cassarà, non proprio il suo migliore amico. Con encomiabile lucidità, il livornese l’ha fermato per stringere la mano all’avversario, poi lo ha accolto tra le sue braccia, quindi sono arrivati Avola e Aspromonte con Cerioni e gli altri membri dello staff tecnico.
Se il fioretto maschile italiano è da otto anni sulle vette di Olimpia è anche per questa capacità di unire gli sforzi. A Pechino 2008 la prova a squadre non c’era, ad Atene 2004 invece sì, e fu oro, con Sanzo, Vanni e Cassarà, unico superstite di quella super squadra, autentico esempio di come le incertezze e le insicurezza dell’individuale, si possano superare con l’aiuto e il supporto dei compagni di squadra.
Ognuno di quei quattro ragazzi aveva un motivo per cui cercare l’oro di Londra. Aspromonte e Avola perché era la loro prima Olimpiade, e ci arrivavano da atleti già consacrati nel panorama schermistico internazionale. Andrea Cassarà perché voleve mantenere al collo quella medaglia conquistata nel 2004, e, in qualche modo, si sentiva di doverlo anche a Toti Sanzo e Simone Vanni. Andrea Baldini perché arrivava alle Olimpiadi con quattro anni di ritardo e parecchi macigni da levarsi dalle scarpe, per una partecipazione negata a Pechino dopo un caso di doping solo presunto dai contorni grotteschi, roba da caccia alle streghe, al punto di scomodare le teorie del complotto.
Ce l’hanno fatta, insieme, nell’unico modo possibile: uno per tutti, e tutti per uno.
gabriele.lippi@olimpiazzurra.com
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