Fiori nei nostri cannoni?

Creato il 19 settembre 2010 da Femminileplurale

Al giorno d’oggi, al’interno del tardo-capitalismo che ci governa, si sviluppa una dinamica a mio parere molto interessante. Nessuno di noi riesce ad essere veramente alternativo rispetto al sistema perché esso lavora appunto affinché niente gli possa stare di fronte come alterità.

Prendiamo, ad esempio, i movimenti di protesta, le libere associazioni di pensatori, i sistemi di consumo come quello equo-solidale o più in generale, tutte quelle forze che vengono ufficialmente dichiarate come “alternative” al sistema capitalistico contemporaneo. Esse non riescono davvero a portare quel messaggio che vorrebbero, perché anche per loro è stato preparato uno slot, uno scaffale apposito al supermercato delle merci e delle idee, dal quale non è possibile sfuggire. Questi spazi “alternativi”, ufficialmente messi a disposizione di chi dichiara di non voler giocare secondo le regole del capitalismo, sono come gabbie ideali in cui vengono inseriti gli inquieti, pronte ad aprirsi nel momento in cui i loro occupanti vogliano lasciare la divisa che al giorno d’oggi la protesta impone, e tornare gioiosamente a fare parte di quella realtà di dominio dalla quale si è capito che non si può uscire. Come si dice, “se non puoi batterli, unisciti a loro”.

D’altronde, chiunque abbia preso parte a qualsiasi movimento di protesta sa bene cosa è concesso e cosa è proibito, cosa è permesso dire e cosa è vietato. E’ la dinamica del corteo: esso procede tranquillo nella città, che si ferma ad osservare, in un misto di paura e meraviglia, quello che sembra uno spettacolo circense, mentre i partecipanti si distinguono dal resto della popolazione esclusivamente per i vecchi slogan ripetuti meccanicamente, i vestiti curiosi e qualche bandiera. Tutto ciò avviene sotto l’occhio attento dei poliziotti, nel cui sorrisetto di scherno risplende già, a mio parere, la sconfitta di quella piccola parte del popolo che dichiara di non voler stare alle regole, ben cosciente del fatto che se, per qualche motivo, il corteo avesse l’azzardo di deviare dal tragitto concordato con la Questura, l’autorizzazione a manifestare diventerebbe autorizzazione a prendere le manganellate che piacciono tanto alla Polizia.

Questo è il carattere paradossale che i movimenti “alternativi” al sistema vengono ad assumere nel sistema contemporaneo: si può protestare solo secondo le regole che il sistema impone alla protesta, la quale assume, di conseguenza, un carattere necessariamente illusorio. Questo è ancor più grave rispetto alla censura ufficiale, tipica dei sistemi totalitari. Il fatto che sia proibito protestare fornisce infatti una prova schiacciante del fatto che ci si trovi in una situazione di oppressione dell’alterità. Se però il sistema concede, ufficialmente, uno “spazio per la protesta”, esso fornisce un’immagine di sé come “luogo della libertà”, che funge da specchio per le allodole. Si crea ad arte l’impressione che siamo tutti liberi di dire quello che pensiamo, ma contemporaneamente si lavora affinchè tutti la pensino nello stesso modo.

Se è controproducente protestare in modo violento, perchè spalanca le porte alle forze della reazione, che non aspettano altro per bollare ogni proposta alternativa al sistema come “antidemocratica e liberticida”, non riesco a smettere di pensare che farlo nelle modalità che il sistema ci concede “generosamente”, corrisponda ad occupare quello slot che è stato pensato appositamente per “gli alternativi”, che in questo modo vengono neutralizzati ed, in un certo senso, messi a tacere.


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