“Ero piuttosto avviluppato in qualcosa di simile al tedio. Ero carico di tedio. La vita mi tediava, la letteratura mi tediava, persino la morte.”
Allora alzo gli occhi e penso “ecco, è esattamente quello che sto provando io”.
Subito dopo mi rendo conto che la sensazione che sto provando ha la sua origine nel libro stesso e tutto mi è chiaro.
Lontano dalle mie intenzioni fare il commento del bastian contrario, solamente un’opinione personale da forte lettore.
E’ un po’ la solita storia: il commento di chi legge un libro a settimana è decisamente diverso da quello di chi legge un libro ogni tre mesi.
Firmino è un libro adatto a chi legge un libro ogni tanto.
Niente di male in questo solo, a mio parere, uno spettro di confronto non molto vasto che porta a dare giudizi che sarebbero diversi se il confronto avvenisse con decine o centinaia di titoli diversi invece che con poche unità.
Ciò che mi sento di dire in definitiva è che questo libro possa piacere, forse anche molto, a quei lettori che si concedono il gusto di pochi libri all’anno, certamente meno di uno al mese; ai lettori più assidui invece, mi sento di consigliare di lasciare perdere o almeno di affrontare la lettura più con curiosità che con aspettative.
Diversa è invece la mia opinione riguardo alle critiche così fantasticamente positive che diversi tra i nostri cosiddetti “grandi scrittori contemporanei” hanno voluto fare nei confronti di Firmino.
Tra i tanti alcuni hanno anche trovato posto nella quarta di copertina.
A me tutto ciò suona molto come “non parlare male del lavoro dei tuoi colleghi se non vuoi sentire i tuoi colleghi parlare male del tuo”.
Poi vige la libertà di espressione e quindi ogni cosa può avere un suo senso così come no.
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