«Sicuramente la marcia in più sono proprio i candidati - dice Flavio Briatore all'ANSA - perchè si conosceva bene il format e quest'anno chi si è messo in gioco sapeva esattamente che partecipava ad un colloquio di lavoro. È tutta gente molto preparata, molto determinata e il risultato è che le prove sono più coinvolgenti e difficili. È andato tutto meglio: meglio la regia, meglio la produzione, anche io sono andato meglio».
Non è cambiato nemmeno «il Boss», che ai quei «bravi» ragazzi è pronto a dire:
«Tutti i fenomeni che pensate di essere, io vi butto fuori tutti», tanto per citare una frase-tipo. In ogni puntata, dopo essersi confrontato con il suo braccio destro, Patrizia Spinelli e Simone Avogadro di Vigliano, deciderà da solo chi sarà definitivamente fuori, senza sconti. «Questo non cambia, io sono io, è come se giudicassi le persone che lavorano con me, è quello che faccio tutti giorni. Anche il vincitore dello scorso anno, Francesco Menegazzo, sa bene che le nostre riunioni sono anche più dure. Chi vincerà lavorerà con me e vedrà che quella è la realtà dei nostri uffici».
Chi vince infatti andrà a lavorare con Briatore, come è accaduto a Francesco, che è nel team del Billionaire Resort di Malindi, eppure sul web la critica più diffusa è che The Apprentice sia un programma inopportuno in tempi di crisi.
«Mi sembra una critica stupida - replica Briatore - perchè creiamo posti di lavoro. Noi assumiamo gente e chi dice queste cose è evidente che parla senza conoscere il format. Ma bisogna adattarsi a viaggiare e trasferirsi all'estero, in questi momenti bisogna anche inseguire le opportunità».
E mentre The Apprentice vola all'estero, da Gerusalemme a New York, anche lui è impegnato proprio in progetti all'estero.
«Abbiamo appena terminato il progetto in Africa che è molto laborioso. C'è il primo Billionaire Resort che offre anche un servizio alberghiero completo e stiamo definendo un secondo modello simile a Goa, in India. Si lavora anche ad un Billionaire nella savana, nel Mountain Kenya National Park, vicino a Nairobi. Così i clienti hanno la possibilità di avere il Billionaire sulla spiaggia e fare il safari».
Perchè non lavorare per creare qualcosa di simile in Italia?
«In Italia no, bisogna cercare di lavorare nei posti e nei paesi dove ti permettono di farlo. In Kenya in 2 anni e 3 mesi abbiamo realizzato tutto, in Italia non sarebbero bastati sette anni; in Kenya abbiamo avuto tutte le autorizzazioni in 6 mesi e in 2 anni abbiamo costruito il resort. In Italia è impossibile. Servono riforme serie, mobilità di lavoro e abolire una burocrazia che soffoca tutto, non si può fare niente».
Eppure anche lei è spesso nel mirino delle critiche, come quelle recenti degli animalisti per la foto con i fagiani morti.
«Era un'associazione di cretini. Sa quante foto faccio ogni giorno? La caccia in Italia è legale mi pare no? Ed io ero andato a trovare degli amici cacciatori e ne è nato un caso. È gente che non ha niente da fare».
Ma in Italia non torna? «Sì sto partendo e poi verrò di nuovo a fine febbraio qui a Malindi dove oramai è tutto definito. Vado via contento». Ma pronto a ruggire: «A tutti i fenomeni che pensate di essere, io vi distruggo subito», dirà ai concorrenti. Si parte.