Flight

Creato il 14 marzo 2013 da Af68 @AntonioFalcone1

Orlando, Florida. In una livida mattina d’autunno il comandante Whip Whitaker (Denzel Washington) sale a bordo del South Jet 227, volo locale diretto ad Atlanta.
Ad attenderlo in cabina il giovane co-pilota Ken Evans (Brian Geraghty).
Appena dopo il decollo l’aereo incappa in una turbolenza piuttosto violenta e si ritrova nel bel mezzo di una tempesta, ma l’abilità di Whip riesce, pur con metodi non proprio da manuale, a condurre il mezzo verso il sereno. Sembrerebbe ormai la classica tratta di routine, se non fosse per un improvviso guasto meccanico che fa temere il peggio: ancora una volta la fredda determinazione del comandante appare risolutiva, un’ardita manovra permette un atterraggio d’emergenza in mezzo ad un campo, mettendo in salvo la quasi totalità dei passeggeri (96 su 102). Acclamato come un eroe, in realtà il nostro dovrà presto fare i conti con i suoi fantasmi personali, la dipendenza da alcool e droga, compagni di viaggio anche durante il volo fatale…

Denzel Washington

Diretto da Robert Zemeckis, su sceneggiatura di John Gatins, Flight è un film dall’impianto estremamente classico, che trova i suoi punti di forza in un’ottima regia, capace d’assecondare con maestria diversi stilemi (dal catastrofico a quelli più intimamente volti al dramma, vedi i movimenti della macchina a mano che accompagnano le crisi di Whip, in preda ai fumi dell’alcool), e un buon lavoro di scrittura, con qualche trascuratezza, senza dimenticare l’intensa interpretazione di Washington, piuttosto misurata e realista. L’incidente aereo non basta certo a classificare la pellicola come rientrante nel genere disaster movie, essendo essenzialmente lo strumento utile per circoscriverne la storia vera, dai toni esistenziali, quella di un essere umano, e di altri suoi simili che gli ruotano intorno, cui viene offerta la possibilità di mutare rotta al proprio destino, lottando con se stesso, nell’incapacità d’esprimere sincerità nei propri come negli altrui confronti.

Bruce Greenwood, Washington e Don Cheadle

La vicenda si dipana scena dopo scena, col progredire dell’inchiesta giudiziaria in corso, mettendo in piedi un ulteriore dilemma morale, oltre quello espresso dal protagonista, ovvero quanto possa essere opportuno offrire protezione a chi si è comportato in maniera scorretta ed irresponsabile, pur avendo messo in salvo la vita di tante persone e che non sembra intenzionato a prendersi le proprie responsabilità, procedendo in un percorso autodistruttivo. Su questo campo di battaglia si scontrano le opposte personalità del’amico di Whip, Charles Anderson (Bruce Greenwood), l’uomo comune, rappresentante del sindacato piloti della compagnia aerea, e dell’avvocato difensore Hugh Lang (Don Cheadle), uomo di legge, nel delineare un apparato “menzognero ma veritiero”, da mettere in piedi per salvare anche la suddetta compagnia.

Washington e Kelly Reilly

Importante l’irrompere nella vita di Whip della tossicodipendente Nicole Maggen (Kelly Reilly), conosciuta casualmente in ospedale (una delle scene più belle, a mio avviso, un dialogo a tre con un ammalato di tumore, persone prese a sberle dalla vita in diverso modo e che diversamente vi reagiscono), sopravvissuta ad un trip che avrebbe potuto essergli fatale ed ora pronta a rimettersi in gioco, frequentando un centro di recupero.
Peccato che lo script (ecco la trascuratezza di cui sopra, insieme ad una serie di discorsi sulla rilevanza del caso o del’intervento divino nelle umane faccende che stenta a prendere consistenza) la metta presto da parte, per quanto appaia risolutivo, anche grazie all’incisiva interpretazione dell’ attrice, il suo scatto d’orgoglio, forte segno di un ancora indomito amor proprio, nel lasciare l’uomo e riprendersi in mano la sua vita, senza farsi trascinare nei meandri di un mondo artificiale costruito a personale uso e consumo.

Washington e John Goodman

Gustosa, ma più un colorito alleggerimento del plot che altro, l’apparizione di John Goodman, nei panni di Harling Mays, amico fidato e pusher di Whip, pur funzionale ad evidenziare le storture del sistema, i cui meccanismi sono volti all’accertamento di una propria verità. Infatti, per quanto si noti una certa retorica, nonostante Zemeckis si sforzi nel mantenersi distante da quanto narrato, nel finale la veridicità dei fatti sarà affidata all’uomo, all’essere umano, ora veramente eroe in quanto capace di far uscire allo scoperto i propri fantasmi e “giocare” ad armi pari con essi. In conclusione, un film da vedere, volto a porre interessanti spunti di riflessione, mediati con senso dello spettacolo e valida messa in scena, permettendo agli spettatori di divenirne parte integrante.
Buon “vecchio” cinema, in sostanza, e va bene così.

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