FlipBoard, la killer app che cambierà l’uso dei social network su iPad

Creato il 21 luglio 2010 da Kobayashi @K0bayashi

Unire la dinamicità dei contenuti condivisi dagli utenti su Facebook e Twitter all’elegante impaginazione newspaper-style tipica degli ultimi prodotti editoriali sul web, che per altro ben si adattano alle nuove modalità di lettura attraverso interfacce touch introdotte da Apple prima con l’iPhone e ora massimizzate grazie all’iPad: è quello che deve aver pensato Mike McCue per progettare e realizzare l’applicazione FlipBoard (presente anche con un account su Twitter), rilasciata per il tablet di Cupertino e candidata a diventare una delle sorprese assolute del 2010 in ambito tecnologico con le sue funzioni di social media magazine.

Scaricabile gratuitamente da AppStore, FlipBoard potrebbe davvero diventare la killer app che cambierà il modo di fruire dei contenuti generati o condivisi dai propri contatti sui social network. Il funzionamento è semplice: una volta inseriti i dati di accesso relativi agli account di Facebook e Twitter, l’applicazione analizza gli elementi presenti nei feed della propria rete sociale e costruisce (per ora in ordine cronologico, ma è allo studio un sistema di ranking basato sulla rilevanza) una scaletta di contenuti che vengono poi impaginati sul modello di un magazine digitale, dinamico e multimediale che potrà essere sfogliato con un dito, proprio come una rivista, grazie alle funzionalità touch dei dispositivi dell’azienda di Cupertino.

Dinamico, perché come è ben noto il flusso di novità sui social network si rinnova in continuazione, e dunque FlipBoard reagirà di conseguenza riaggiornandosi in tempo reale a seconda delle modifiche intercorse nello stream dei propri contatti; multimediale, perché il programma riesce a pescare dal colosso di Mark Zuckerberg e dal sito di microblogging non solo testi ma anche link, immagini e video. A questo proposito è molto interessante la funzione che permette a FlipBoard di andare a recuperare automaticamente il contenuto di un collegamento ipertestuale (comprese le eventuali risorse multimediali di corredo), effettuarne la reimpaginazione secondo il layout del programma e riproporlo all’utente, così da non costringerlo a uscire dall’applicazione per visitare il link originale.

Questa mossa, come è ovvio, ha fatto sorgere il problema del trattamento dei contenuti altrui ospitati sugli spazi web dei siti di informazione: se estrapolare un post da un blog di medio-bassa importanza, infatti, può addirittura avere un esito positivo per quest’ultimo in quanto potenzialmente in grado di fornirgli un bonus di popolarità (ed eventualmente un lettore in più, che altrimenti non avrebbe forse mai cliccato sul link per leggere l’articolo), lo stesso ad esempio non si può dire per i grandi player dell’informazione nazionale o mondiale, che con tale meccanismo si vedono privati di una visita diretta con tutto quello che ciò comporta in termini di pageview e ritorni economici pubblicitari. Per risolvere pacificamente la questione, senza il rischio di trovarsi di fronte a pericolosi contenziosi giudiziari, la società che ha realizzato FlipBoard ha quindi optato per recuperare integralmente solo gli articoli rilasciati in versione originale nei feed Rss delle testate editoriali, e lasciare un semplice link alla fonte originale nel caso dei contenuti diffusi in versione non completa.

Fin qui le caratteristiche tecniche dell’applicazione. Ma perché FlipBoard può essere così rivoluzionario?

  • perché è organizzazione. I social network, come è noto, si sviluppano in una fitta trama di elementi testuali variamente mischiati a filmati e immagini, presentando al lettore un collage quasi indistinto di informazioni all’interno del quale è spesso difficile districarsi. L’idea di FlipBoard, invece, è proprio quella di linearizzare la matassa di dati in modo originale e funzionale, rendendo l’informe ammasso di notizie come un’elegante presentazione caratterizzata da canoni di lettura e pulizia della pagina più consoni per l’utente medio. Un layout semplice ed essenziale che permette di rendersi conto con un singolo colpo d’occhio di ciò che l’applicazione ha estrapolato e riorganizzato per noi a partire dal flusso dei due social network;
  • perché è graficamente accattivante. Non nascondiamocelo: l’iPad è un oggetto di cui si può fare tranquillamente a meno, ma è dannatamente gratificante per l’occhio umano. E visto che, come si suol dire, anche quest’ultimo vuole la sua parte e non è sempre vero che quel che conta è solo la sostanza, il gioiellino di casa Apple compie fino in fondo il suo dovere in quest’ottica. Tutti possono rendersi conto dell’enorme differenza d’impatto tra un testo scritto in carattere standard su un elaboratore di base e lo stesso testo ben formattato e gradevole dal punto di vista estetico. Beh, FlipBoard fa proprio questo: senza cambiare di una virgola le parole di un articolo, il taglio di una una fotografia o la definizione di un video, l’applicazione si “limita” a ripresentare sotto una forma maggiormente usabile i medesimi contenuti che potremmo trovare e navigare attraverso le interfacce standard di un social network. Il risultato finale, estremamente personalizzabile anche attraverso l’indicazione delle categorie più gradite (sport, musica, cinema, attualità etc..), può essere inoltre visualizzato sia in formato verticale che orizzontale grazie alla funzione di reimpaginazione automatica che riconosce l’orientamento del dispositivo;
  • perché è gratuita. Può sembrare un motivo banale, ma non lo è. Se un costo eccessivo (ma talvolta anche uno semplicemente “giusto”) può trasformarsi in una barriera all’ingresso e in una limitazione per il successo definitivo presso il grande pubblico, allora la trovata di rilasciare questa applicazione a costo zero – in attesa di capire quale sarà il suo futuro business model – potrebbe davvero risultare la carta vincente del progetto FlipBoard. Una consistente base iniziale di utenti è capace infatti di generare passaparola, quindi ulteriore diffusione del prodotto che rinforza a sua volta lo zoccolo duro degli aficionados, e così via in un ciclo virtuoso la cui portata positiva è difficilmente stimabile.

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